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Zingaretti finge distacco: "Pensiamo al futuro". Franceschini: big problem

Il Pd nasconde la paura ma c'è tensione E ora torna la «ditta», da Bersani a D'Alema

Zingaretti finge distacco: "Pensiamo al futuro". Franceschini: big problem

Renzi lascia il Pd. Al Nazareno tirano (quasi tutti) un sospiro di sollievo. La reazione dei big (con poche eccezioni) è gelida. Nessun appello strappalacrime. Dichiarazioni di rito, per commentare una decisione già nell'aria da tempo. E soprattutto qualche frecciatina dopo una scissione accolta come una liberazione per gli ex Ds. D'altronde, Renzi (anche da ex segretario) è stato un peso per il nuovo corso zingarettiano.

Il mantra è unanime: guardiamo avanti. E riapriamo le porte del Nazareno a Bersani, D'Alema e Speranza. Il più preoccupato per la scissione è il ministro della Cultura Dario Franceschini (ex popolare come Renzi): «Matteo Renzi is a big problem», commenta con la sua omologa tedesca Michelle Muntefering che prima dell'inizio di un convegno in Triennale lo ha avvicinato chiedendo «What is Renzi doing now?» Il dialogo privato è stato intercettato dai giornalisti, ai quali prima il ministro aveva detto di voler parlare solo di cultura, evitando le domande sulla scissione nel Pd.

L'addio di Renzi sembra infastidire più Beppe Grillo (che gli dedica un post sul blog) che il capo dei dem Nicola Zingaretti che invece commenta: «Ci dispiace. Un errore dividere il Pd, specie in un momento in cui la sua forza è indispensabile per la qualità della nostra democrazia. Ora pensiamo al futuro degli italiani, lavoro, ambiente, imprese, scuola, investimenti. Una nuova agenda e il bisogno di ricostruire una speranza con il buon governo e un nuovo Pd».

Gelida la reazione di Gentiloni: «Il Pd non è un episodio. È il progetto di una vita. Ci ho lavorato con Veltroni e Renzi, sono stato in minoranza con Bersani. Oggi è uno dei partiti progressisti europei più forti e aperti al futuro. In tempi così difficili, teniamocelo stretto. E guardiamo avanti». E alla formula del «si va avanti» si unisce anche l'ex segretario Pier Luigi Bersani (oggi in Leu) pronto a riprendere posto tra i banchi del Pd: «Il mondo non gira attorno a lui. Si va avanti». Ora si toglierà qualche sassolino dalle scarpe? «Sono un pacifista», risponde sorridendo. Chiarendo i motivi della (sua) scissione: «Non era certamente una questione di antipatia» tra lui e Renzi ma «di progetto politico legato alla sua volontà di fare di tutto per fronteggiare la Lega».

Rammarico sì, ma contenuto, da parte dei renziani che hanno deciso di restare nel Pd. Graziano Delrio, capogruppo dem alla Camera dei Deputati, è netto: «Il Pd è la nostra casa ed è il progetto più solido in campo per servire il Paese. Le divisioni non hanno mai portato al rafforzamento del centrosinistra. Considero un errore la scelta di Renzi. Per noi è una grave perdita ma anche per lui. Il Pd è la casa dei riformismi e dei democratici, il soggetto politico sulle cui spalle, in questa fase, poggia tanto dello sforzo di cambiamento del Paese e sarebbe stato necessario, all'inverso, un di più di unità e di coesione».

E anche Dario Nardella, sindaco di Firenze, saluta il rottamatore e amico fsenza rimpianti: «Capisco le sue ragioni, rispetto la sua decisione e confido nel fatto che collaboreremo bene, troveremo le giuste forme di collaborazione per il futuro». Ironico il commento di Romano Prodi: «Siete autorizzati a non pensare niente». Freddo il bye bye di Enrico Letta: «Ho letto in treno, quindi con più attenzione e senza distrazioni, l'intervista di Matteo Renzi a Repubblica. Cercavo soprattutto le ragioni, quelle profonde e politiche, della scissione dal Pd. Non le ho trovate».

E di parole non ne trova nemmeno l'ultimo segretario del Pci Achille Occhetto: «Il poeta per manifestare la sua emozione di fronte all'alba sul mare scrisse m'illumino di immenso, di fronte a Renzi io posso solo dire non ho parole».

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