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Zingaretti è già al capolinea. I renziani preparano la scalata

La corrente di Lotti e Guerini vuol prendersi il partito, Gori sogna la segreteria. E il leader minaccia il voto

Zingaretti è già al capolinea. I renziani preparano la scalata

L'avventura di Nicola Zingaretti alla guida del Pd sembra già al capolinea. Il destino appare segnato. È questione solo di tempo: prima o dopo il voto in Emilia Romagna? Le scommesse sono iniziate. Nel Pd non c'è più Matteo Renzi ad agitare le acque. Ma sono rimasti renziani di ferro come Luca Lotti e Lorenzo Guerini che stanno organizzando una corrente, Base riformista, per scalare il partito. C'è il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che sogna la segreteria nazionale. Il leader dem si difende, minacciando lo strappo con i Cinque stelle e la corsa al voto. Una mossa per blindare la poltrona e allontanare lo scenario di un nuovo congresso. Zingaretti si schiera al fianco del presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini in vista del voto a gennaio. Spera in una vittoria che scacci la crisi. Ma rischia il boomerang: Bonaccini è un altro pretendente alla guida del Pd. E in caso di vittoria potrebbe invocare la testa proprio del segretario. A chiedere di rimettere in gioco la leadership del Pd anche Andrea Marcucci, capogruppo dem in Senato. L'ex renziano poi corregge il tiro e ammorbidisce i toni: «Basta con le liti infinite, chiediamo al Governo di fare il governo. Il voto in Umbria è andato male ma è un dato locale, la maggioranza ora pensi ad approvare una buona legge di bilancio». Il segretario tira dritto e prova ad annegare le difficoltà nella birra: «Domani sarò a Poggibonsi, nel cuore della provincia italiana, perché un gruppo di giovani mi hanno contattato con idee e proposte per cambiare questo Paese. Passeremo la sera insieme bevendo una birra perché il Pd sta dove c'è voglia di futuro, per farla crescere» dice a SkyTg24. Il capo del Pd difende la poltrona e l'intesa con i Cinque stelle: «Abbiamo deciso al 100% di governare per tre anni con questa alleanza. Sono d'accordo, ma devono smetterla di creare polemiche tutti i giorni, perché gli italiani non ne possono più». Ma gli inviti a rimettere il mandato si moltiplicano. Andrea Orlando, numero due Pd, è netto: »Se facciamo un congresso serve un congresso vero», dice il vice segretario dem. Con candidature alternative? «Se ci saranno, sì». Anche l'ex presidente del partito Matteo Orfini bombarda il segretario: «Concentriamoci per il voto in Calabria ed Emilia, poi però si faccia il Congresso, perché non è nel mandato di Zingaretti l'accordo con i 5s. Quindi se si vuole rilanciare l'alleanza c'è l'obbligo di chiamare tutti gli elettori a pronunciarsi». Riappare l'ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino: «Siamo di fronte a problemi di fondo, in Italia e in Europa. Che altro deve succedere? Servirebbe ed è anzi indispensabile un congresso come da tempo non si tiene: un congresso vero, diverso dalle primarie per eleggere il segretario. Un congresso di riflessione su un mondo del tutto nuovo e sul nostro paese. Un congresso dunque sulla base di idee, di tesi, di documenti, ed aperto a tutte le persone interessate ad una proposta politica e sociale di cambiamento. È questa la condizione per rinnovare davvero anche il Pd e la sinistra, il loro modo di essere e di agire nella società e nelle istituzioni. Tocca a Zingaretti prendere l'iniziativa e la decisione, con intelligenza e con determinazione». Il fronte contro Zingaretti si allarga.

E prepara il golpe a meno di un anno delle primarie.

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