Economia

Per la burocrazia i Baci Perugina li fanno in Zambia

Quando si vede come funziona lo Stato e soprattutto come ci tratta, viene da chiedersi come sia possibile che ancora si produca Pil in Italia

Per la burocrazia i Baci Perugina li fanno in Zambia

Quando si vede come funziona lo Stato e soprattutto come ci tratta, viene da chiedersi come sia possibile che ancora si produca Pil in Italia. Vi facciamo qualche esempio molto, ma molto concreto.

1.La Cassazione con una sentenza depositata cinque giorni fa ha stabilito per diritto ciò che il Marchese del Grillo diceva ai quattro venti: «Io so' io e voi nun siete un c... ». Insomma la burocrazia dello Stato può tutto, mentre il poveraccio, cioè tutti noi, può nulla. La storia è semplice. Un cittadino veneto si compra un appartamento per andarci a vivere. La legge prevede agevolazioni fiscali per l'acquisto di prime case a patto che entro 18 mesi si stabilisca in quel comune la propria residenza. L'Agenzia delle entrate revoca al nostro piccolo eroe ogni agevolazione per il banale fatto che questi ci impiega più di un anno e mezzo a fissare la residenza in quella casa. Il Nostro fa ricorso alla commissione tributarie e vince: dimostra come la sua residenza non sia stata spostata nei tempi previsti per «le lungaggini burocratiche di rilascio delle autorizzazioni edilizie per le opere di ristrutturazione prima e di abitabilità poi». Insomma il tizio non poteva abitare in quella casa perché la burocrazia non gli dava i permessi. I giudici tributari gli danno ragione. L'Agenzia delle entrate non ci sta e ricorre in Cassazione. I supremi giudici ribaltano i verdetti: il contribuente ha torto poiché «le lungaggini burocratiche non riescono a integrare la forza irresistibile ostativa al trasferimento». Sono irresistibili. Il contribuente cornuto e mazziato.

2.Il ministero dell'Ambiente non sbaglia un colpo per dare un colpo alle nostre imprese e continua nella sua opera di bonifica imprenditoriale. L'obiettivo è ottenere un Paese non più inquinato da imprenditori e artigiani. Quanta speranza che questo ministro potesse opporsi: evidentemente contro la struttura e l'ideologia non ce la fa neanche mandrake. La storia è la solita: abbiamo recepito un regolamento europeo di dieci anni fa e lo abbiamo reso più duro. Parliamo ora dei cosiddetti gas serra che verrebbero dispersi dalle pompe di calore presenti nelle case di tutti gli italiani (dai frigoriferi ai condizionatori anche per auto). La confartigianato parla di «mostro burocratico inutilmente costoso per i nostri 150mila installatori». Ve la facciamo breve. Questi pericolosi inquinatori per poter lavorare devono iscriversi all'apposito registro nazionale dei gas fluorurati. Poi devono ottenere un certificato che li abiliti. Per ottenerlo si deve però partecipare a un incredibile Piano di qualità ( unicum in Europa). Quest'ultimo bisogna per di più rinnovarlo ogni anno. Ma non è finita. Gli installatori devono presentare ogni anno a sua maestà il ministero dell'Ambiente una dichiarazione con informazioni sulle emissioni in atmosfera dei gas dell'anno precedente. E infine, aggiungiamo noi, gli installatori devono essere biondi, scendere dal letto con il piede sinistro, e fumare Ms. La morale è che i circa tremila euro per le abilitazioni e i 500 annuali secondo voi chi li pagherà? Gli utenti finali. Insomma una tassa sulla pompa di calore.

3.La Nestlé Italia fattura più di due miliardi di euro l'anno, con le fabbriche e dipendenti dislocati sul nostro territorio. Da quando ha comprato la San Pellegrino l'ha resa famosa in tutto il mondo. Le sue aranciate sono tra le poche a usare ancora i nostri frutti, per quel retrogusto amaro che ne è la loro caratteristica peculiare. A Perugia ha rilevato i famosi Baci e a Benevento con la Buitoni fa le pizze. Ha un piccolo problema. Siccome il legislatore (credendo alle lusinghe del miglior ufficio stampa del mondo e cioè la Coldiretti) si è inventato una norma superstringente sulla dicitura made in Italy sembra che pizze e Baci li faccia in Zambia (è un modo dire). Semplificando poiché il cacao dei Baci non si produce in Italia (e quando mai si è prodotto) la multinazionale svizzera si ostina a stare a Perugia, a produrre i famosi Baci, ma senza poter scrivere made in Italy. Stesso discorso per la pizza, poiché la farina non può essere certificata come tutta italiana. Forse si è un po' esagerato caro ministro dell'Agricoltura (che è persona seria). Va bene tutelare il made in Italy, ma che i Baci Perugina non possano fregiarsi del nostro tricolore è davvero un po' troppo.

Come farsi male da soli.

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