Economia

Ponzellini, un amministratore del Partito Unitario degli Affari

di Stefano Cordero di Montezemolo

Oggi, e sicuramente anche nei prossimi giorni, tutti gli organi di informazione riportano il ritratto di Massimo Ponzellini evidenziando la sua grande trasversalità che l'ha portato ad essere allievo e protetto di Romano Prodi, che lo ha messo fin da giovane in posizioni e ruoli anche superiori alle sue reali esperienze e competenze, per poi diventare amico e sodale di Giulio Tremonti e della Lega, che lo hanno sponsorizzato alla presidenza della BPM in accordo con i sindacati della stessa banca, oltre ad essere vicino a molti esponenti della PDL a cominciare da Berlusconi, e pur tuttavia mantenendo rapporti con il Centrosinistra tanto da essere coinvolto in alcune vicende finanziarie e giudiziarie riferibili a quell'area come per la vicenda Penati, oltre ad avere avuto stretti ed organici rapporti una parte importante dell'imprenditoria italiana, soprattutto quella più vicina alle logiche di complicità con la politica.

Molti di questi commentatori ed opinionisti che si stanno impegnando nel trovare le spiegazioni di questa "trasversalità" come fosse un caso anomalo del quadro politico ed economico italiano, forse anche per provare a giustificare la sua amicizia, frequentazione e partecipazione al potere economico e politico a cui molti organi di potere in qualche modo continuano a rispondere.

In verità, Massimo Ponzellini - al di là delle questioni giudiziarie che potranno anche scagionarlo da qualsiasi responsabilità penale e civile per le vicende che lo hanno portato all'arresto e per le altre per cui è indagato - è semplicemente una delle rappresentazioni più evidenti, e anche tra le più potenti, di una realtà più profonda e strutturale di quella che siamo abituati a chiamare la Seconda Repubblica e che si era già visto con le vicende di Giovanni Bisignani, ossia l'esistenza di un sistema unitario e consociativo di tutte le principali forze politiche di condividere la gestione affaristica del potere attraverso persone capaci di tenere insieme i partiti, e anche le correnti degli stessi, in modo del tutto trasversale al di delle apparenti contrapposizioni di parte che servono per dare l'impressione della lotta politica che, invece, trova una piena alleanza - con i suoi propri diplomatici e mediatori funzionali a questo sistema - nella gestione degli affari che sono alimentati dalla spesa pubblica, dal patrimonio pubblico e dal ruolo pervasivo ed inefficiente dello Stato nell'economia (e così si capisce perchè la riduzione della spesa pubblica, l'alienazione di parte del patrimonio pubblico ed un'effettiva modernizzazione della pubblica amministrazione sono solo oggetto di discussioni ma mai di decisioni).

Questo fenomeno si può chiamare il Partito Unitario degli Affari perché unisce le principali forze politiche del paese al di là degli schieramenti, o quantomeno, vi appartengono le componenti di questi partiti che ne hanno il controllo. E questo spiega perchè negli ultimi due decenni, nonostante la situazione della finanza pubblica dell'Italia fosse già grave all'inizio degli anni '90, la spesa pubblica ha continuato a crescere e il debito pubblico non si è mai abbassato. Perchè tutto questo è servito ad alimentare gli interessi ed i crescenti appetiti del Partito Unitario degli Affari che è anche riuscito a cooptare progressivamente i movimenti politici emergenti, come la Lega Nord (anche se ricordiamo il precedente della tangente al tesoriere Patelli data da Carlo Sama nel 1992).

Il Partito Unitario degli Affari ha bisogno dei suoi amministratori che devono essere capaci di andare al di là di ogni convinzione politica ed essere profondi cultori ed esecutori della gestione del potere per il potere, mostrando e rispettando la più ampia disponibilità a mettersi a servizio delle logiche di coloro che sono al vertice di questo Partito, anche consigliando e orientando l'individuazione e la realizzazione delle opportunità d'affari per il raggiungimento delle migliori convenienze mediante l'uso delle leve istituzionali ed amministrative, anche in contrasto con gli interessi generali del paese. E ancora meglio se questi amministratori hanno un'estrazione personale che gli consente di avere una maggiore capacità di intermediazione e di legittimazione per riuscire a gestire in modo traversale e consociativo le diverse componenti del Partito Unitario degli Affari.

Ma, come è già successo in passato, quando arrivano fasi di crisi molto profonde si riducono le risorse per alimentare la gestione degli affari ed è più difficile accontetare tutti coloro che compongono il Partito Unitario degli Affari facendo aumentare le difficoltà a tenere il tutto sotto controllo, senza conflitti e richieste insoddisfatte. E ciò può portare a far emergere le logiche e le dinamiche con cui funziona il Partito Unitario degli Affari anche con conseguenze giudiziarie oltre a ciò che finora aveva avuto solo un riscontro di natura giornalistica o pubblicistica senza tuttavia intaccare più di tanto la capacità di azione del Partito Unitario degli Affari.

In ogni caso, finché non si riuscirà a ridurre e controllare al meglio la spesa pubblica, a alienare gran parte del patrimonio pubblico non strumentale e funzionale alle attività dello Stato, ad abbattere drasticamente e strutturalmente il debito pubblico, a rendere più efficiente e semplificata la Pubblica Amministrazione e, inoltre ma non secondariamente, a togliere la governance delle banche dal legame organico ed irresponsabile con il potere politico, quello che potrà succedere è che si cambieranno gli amministratori ed esecutori di turno ma il Partito Unitario degli Affari continuerà a operare e dominare portando sempre di più l'Italia al declino economico ed al degrado civile ed istituzionale.

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