Cronaca locale

Portieri milanesi in via d’estinzione: ogni anno chiudono 400 guardiole

Negli anni Settanta le portinerie erano 16mila. Ora solo una su quattro si è salvata Così progresso tecnologico e nuove abitudini fanno scomparire una figura storica

Sos angeli custodi: le portinerie cedono il passo a videocitofoni e imprese di pulizia. Non è una novità che il loro numero si stia progressivamente riducendo. Il dato preoccupante è che nel Milanese, ogni anno, sono in 400 a chiudere. Tanti palazzi e caseggiati orbati di quell’attento «occhio vigile» che convoglia senza scosse la realtà esterna nel nostro guscio. Dice un condomino pentito: «Purtroppo imprese di pulizia e citofoni non ti annaffiano i fiori, non danno da mangiare al gatto quando non ci sei, non raccolgono le tue lamentele nei confronti del vicino fracassone e non mettono la lettera giusta nella casella giusta». Un punto di sosta obbligatoria sia per i bambini, da sempre attratti da «ziette ciabattone» magari con un bel micio sul tavolo della guardiola, sia dai vecchi per i quali il portiere è spesso l’unica persona con cui scambiare due chiacchiere. «Per chi lavora - dice per esempio Benedetta Barzini, ex top model, oggi giornalista e docente presso la Facoltà di Design del Politecnico - avere un alleato sotto casa è qualcosa di insostituibile. Peccato che sia sempre più raro sentire quel bel profumo rassicurante di minestrone che c’era una volta passando dalla portineria». Le fa eco il cantautore Fabio Concato, milanese doc: «Col mio portinaio si chiacchiera, ti dà sempre una mano. Se un cane sporca sulle scale, lui sa subito cosa fare e oltre a pulire di fino tutta la scala, profuma anche l’ascensore. Da piccolo avevo una portinaia, la signora Italia, che non dimentico: si prodigava sempre per tutti. All’occorrenza sapeva fare anche le iniezioni». L’argomento scatena lontani ricordi anche in Elio Fiorucci, guru incontrastato della moda giovane e variopinta: «Quando si rientrava dalle vacanze estive - dice Fiorucci - la prima persona che incontravi era lei, che ti salutava e ti faceva sentire nuovamente a casa. Ricordo con nostalgia - prosegue Fiorucci - le aperture nei giorni festivi, le pulizie del marciapiedi quando nevicava, e la portinaia nelle giornate di caldo afoso che rinfrescava il marciapiede con la canna dell’acqua: un vero lusso, a ripensarci oggi». Già, un lusso. La lenta ma inesorabile estinzione di questa figura decisamente meneghina (di una ferrea e asprigna portinaia di via Fieno scrisse anche Delio Tessa) parte da lontano. Una fine silenziosa come del resto è silenziosa la categoria dei custodi che sono lavoratori polverizzati, perché operano in luoghi individuali. Negli anni Settanta le portinerie di Milano erano ancora 16 mila. I portinai e le portinaie erano persone di mezza età provenienti in prevalenza dalle zone agricole del Mantovano e dell’Emilia. Da allora, complice il progresso tecnologico, cominciano i licenziamenti: nel solo 1972 la Sit Siemens installa la bellezza di 450mila impianti citofonici, la maggior parte dei quali nelle grandi città come Milano. «Oggi - dice Luigi Calzolaio, sindacalista Filcams, l’organizzazione sindacale che raggruppa in Lombardia il maggior numero di lavoratori di questo settore - a Milano ci sono 6mila portinerie, con un 60 per cento di custodi provenienti da Filippine e altri Paesi del Sud Est Asiatico. Ma la tendenza è a sparire del tutto». Un dramma silenzioso: quando il custode perde il lavoro, perde anche la casa. Dice un amministratore: «Per molti proprietari il servizio di portineria è diventato un lusso. Un portinaio - spiega - costa tra i 1.200 e i 1.300 euro al mese più ferie, tredicesima, malattie e scatti di anzianità. Inoltre - sottolinea - occupa gratuitamente un appartamento che, viceversa, potrebbe essere messo a reddito». Non è un caso che i tagli più consistenti si verifichino proprio in periferia, dove invece sarebbe più utile un presidio costante delle case ma dove i proprietari stanno più attenti alle spese condominiali. «Un risparmio illusorio - ribattono alla Filcams -. Si taglia la portineria e ci si affida all’impresa di pulizie. Ma l’impresa non bada troppo alla qualità del lavoro e spesso impiega addetti a rotazione che quindi non arriveranno mai a conoscere a fondo i problemi di uno stabile e di chi ci abita. E poi dove li mettiamo gli aspetti, davvero impagabili, della sicurezza e del ruolo sociale? Sarà un caso - concludono i fautori della guardiola - ma dove c'è una portineria, c’è più coesione anche tra vicini, ci si conosce meglio e di più». «La portinaia della mia infanzia - ricorda la poetessa e scrittrice Vivian Lamarque, di cui tra l’altro sta per uscire una piccola raccolta in dialetto milanese dal titolo La Gentilèssa - di nome si chiamava Santa, era un po’ severa, faceva soggezione, non le davamo del tu, la chiamavamo la “signorasanta” tutto attaccato. Faceva rispettare gli orari dei giochi in cortile.

Le mamme potevano stare tranquille, era una specie di burbero angelo custode invece che con le ali con la scopa».

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