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"Prescrizione del reato? Un agente patogeno"

Per il procuratore della Corte d'Appello di Milano, Giovanni Canzio la prescizione "incentiva strategie dilatorie della difesa". Poi bacchetta le toghe per la sovraesposizione mediatica

"Prescrizione del reato? Un agente patogeno"

Nel giorno dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, torna in auge il tema della prescrizione. Il primo a sollevare il problema è stato il procuratore della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio, il quale ha considerato la prescrizione un "agente patogeno" che "incentiva strategie dilatorie della difesa" e "implementa oltre ogni misura il numero delle impugnazioni in vista dell’esito estintivo".

Secondo il magistrato, "l’attuale disciplina sostanziale della prescrizione del reato non è sostenibile nella parte in cui estende i suoi effetti sul processo penale usque ad infinitum, proporzionandone il grado di ineffettività e disincentivandone, mediante una sorta di premialità di fatto, i percorsi alternativi".

Difficile non scorgere nelle dichiarazioni del magistrato un riferimento al processo Mills, prossimo alla prescrizione, nel quale Silvio Berlusconi è imputato di corruzione in atti giudiziari.

La prescrizione del reato, ha continuato Canzio, "collocata sullo sfondo del processo penale, può anche sollecitare, come agente terapeutico maggior rigore ed efficienza organizzativa, laddove non sia pervasiva e si configuri come esito assolutamente eccezionale, non ordinario".

Secondo Canzio, bisogna "prevedere, con urgenza e determinazione, la sterilizzazione degli effetti della prescrizione del reato, se non dopo l’avvenuto esercizio dell’azione penale, almeno dopo la sentenza di condanna di primo grado, assicurando termini celeri e certi per le successive, eventuali, fasi di impugnazione, la cui ingiustificata violazione costituisca illecito disciplinare".

A tal proposito, il ministro della Giustizia, Paola Severino, in un'intervista al Messaggero, ha dichiarato che "il tema della prescrizione non è un tabù. Piuttosto, si deve valutare se il problema della prescrizione rappresenti la causa o la conseguenza della lentezza della giustizia", precisando comunque che le priorità al momento sono altre.

A dar manforte alle dichiarazioni di Canzio ci ha pensato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, che ha invitato la politica a recuperare risorse attraverso la lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio e ad avviare una riforma "che passa attraverso il coraggio di mettere mano alla disciplina della prescrizione. Ce lo dice anche l’Unione europea".

In un altro passaggio, Canzio ha parlato di una "speciale e obiettiva sovraesposizione, che negli anni più recenti ha caratterizzato gli uffici giudiziari milanesi, sul piano dei rapporti con i media e con la politica, per la particolare importanza e rilevanza sociale sia dei fatti sia delle persone coinvolti in indagini e processi, è destinata a stemperarsi". E anche qui il riferimento ai processi che il Cavalierie, come quello sul caso Ruby, non sembra puramente casuale.

Canzio ha però bacchettato le toghe che, per stemperare questa "sovraesposizione", è necessario osservino "le regole deontologiche", facendo riferimento alla "raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa" che "quanto al diritto all'informazione in materia di procedimenti giudiziari, chiede ai giudici di dare prova di moderazione nei loro rapporti con i media".

Infine, Canzio ha rivolto la sua critica alle ingerenze nel lavoro della magistratura, soprattutto da parte dei politici che devono "evitare nel commento delle decisioni dei giudici, ogni critica che possa compromettere l'indipendenza della magistratura".

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