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Pressing su Benedetto XVI: «Wojtyla sia subito santo»

L’ex segretario di Giovanni Paolo II chiede di saltare il «gradino» della beatificazione: «Il nostro desiderio è che sia direttamente canonizzato»

Pressing su Benedetto XVI: «Wojtyla sia subito santo»

da Roma

«Non vogliamo imporre niente al Santo Padre ma il nostro vero desiderio è che Giovanni Paolo II sia proclamato subito santo». Scende in campo senza giri di parole, il cardinale Stanislaw Dziwisz, per quarant’anni fedele collaboratore di Papa Wojtyla. Scende in campo per chiedere pubblicamente al Pontefice di accorciare il già rapidissimo iter del processo procedendo direttamente alla canonizzazione di Giovanni Paolo II. Negli ultimi giorni, dopo l’ufficializzazione della notizia della chiusura della fase diocesana del processo canonico (anticipata all’inizio della scorsa settimana dal Giornale), più volte Dziwisz ha accennato tra le righe, di dichiarazioni e interviste, a questa possibilità, spiegando però al contempo di non avere «assolutamente fretta». Ma fino a questo momento non si era mai spinto a rendere così esplicita la richiesta: lo ha fatto ieri con una dichiarazione alla «Polskie Radio» e con un’intervista al giornale Dziennik di Varsavia.
«Non vogliamo imporre niente al Santo Padre - ha detto dunque il cardinale - ma la verità è che questo è il nostro desiderio. La beatificazione consente un culto locale in una certa diocesi oppure in una provincia ecclesiastica, ma è difficile parlare di un culto locale quando si parla della persona di Giovanni Paolo II, che aveva superato tutte le barriere».
Il 2 aprile prossimo si chiuderà la fase diocesana del processo, iniziato poche settimane dopo la morte di Wojtyla per volere di Benedetto XVI, che ha derogato all’attesa di cinque anni dalla morte, come prevede la legge canonica. Fra pochi giorni, dunque, l’intero incartamento, con le testimonianze sulla vita e sulle virtù di Giovanni Paolo II, passerà alla Congregazione delle cause dei santi. Il primo gradino previsto, dopo un’istruttoria che solitamente richiede qualche anno e che prevede l’accertamento di un miracolo compiuto post mortem, è quello della beatificazione. Poi, in un secondo momento, dopo l’accertamento di un secondo miracolo, si arriva alla canonizzazione: un atto che implica l’infallibilità pontificia.
Fonti ben informate confermano che l’arcivescovo Dziwisz abbia chiesto ripetutamente a Benedetto XVI di proclamare Wojtyla subito santo e che avrebbe desiderato ciò avvenisse già durante il viaggio in Polonia che Papa Ratzinger ha fatto lo scorso giugno. Nel 2003, due anni prima della morte, Giovanni Paolo II si era trovato di fronte a una situazione simile a quella di Benedetto XVI: a pochi mesi dalla prevista beatificazione di Madre Teresa di Calcutta (il cui processo era cominciato senza attendere i cinque anni previsti dalla morte), sul tavolo di Wojtyla giunse una petizione di suor Nirmala e di altre consorelle della religiosa albanese che aveva trascorso la vita ad aiutare i più poveri tra i poveri. Nella petizione si chiedeva al Papa di proclamare Madre Teresa subito santa, senza passare per il gradino della beatificazione. Wojtyla volle consultare i principali collaboratori della Curia romana e la maggioranza si disse contraria. Così nell’ottobre 2003 Madre Teresa fu proclamata «solo» beata. Un caso simile si era presentato anche durante il Vaticano II. Dopo la morte di Giovanni XXIII, alcuni vescovi chiesero che fosse il Concilio stesso a canonizzare Papa Roncalli per acclamazione. Paolo VI, però, preferì agire diversamente e fece iniziare congiuntamente i processi di Giovanni XXIII e di Pio XII, i suoi due immediati predecessori: il primo si è concluso e Papa Giovanni dal 2000 è ufficialmente beato. Il secondo è ancora in corso, ma procede. È probabile che anche questi precedenti pesino nella decisione di Papa Ratzinger.


Nelle ultime settimane, di fronte alla valanga di accuse e veleni che ha travolto la Chiesa in Polonia, più volte il cardinale Dziwisz aveva detto di considerare alcune delle illazioni sui collaboratori di Wojtyla come un tentativo di bloccare l’iter della causa di beatificazione.

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