Politica

Primarie, la corsa di Renzi "zavorrata" da un processo: nei guai il suo braccio destro

Mentre Renzi punta il dito contro indulto e amnistia, il suo braccio destro nella campagna per le primarie chiede il rito abbreviato per le accuse di abuso d’ufficio e turbativa d’asta

Stefano Bonaccini, braccio destro di Renzi nella corsa alle primarie
Stefano Bonaccini, braccio destro di Renzi nella corsa alle primarie

Mentre Matteo Renzi punta il dito contro indulto ed amnistia, il suo braccio destro nella campagna per le primarie, ha chiesto al giudice il rito abbreviato per le accuse di abuso d’ufficio e turbativa d’asta che pendono sulla sua testa. Sarà una campagna zavorrata da un processo in sospeso, quella del sindaco di Firenze Matteo Renzi, che ha scelto come coordinatore per la sua corsa alle primarie del Pd il segretario regionale dei democratici emiliani, Stefano Bonaccini, non solo ex bersaniano convinto (e dunque inviso a tanti renziani della prima ora), ma anche indagato per una vicenda poco chiara nella gestione di un locale birreria, che lo vedrà in udienza davanti al giudice solo alla fine di novembre.

Il segretario regionale del Pd Emilia Romagna, appena nominato dal sindaco di Firenze coordinatore della corsa alle primarie per il Partito Democratico è, infatti, accusato dal pm modenese Enrico Stefani, insieme a due dirigenti ed un assessore del Comune di Modena, di aver gestito in maniera illecita l’assegnazione di un chiosco-bar per favorire i gestori di un pub. Questa mattina a Modena, città natale di Bonaccini, si è tenuta l’udienza del gup, Eleonora Pirillo, durante la quale il braccio destro di Renzi ha chiesto il rito abbreviato, e la prossima udienza, nella quale il giudice andrà anche a sentenza, si terrà a porte chiuse il prossimo 29 novembre a Modena.

Da tempo la vicenda chioscopoli (così è soprannominata, nel modenese, l’inchiesta sul piccolo locale nel parco Ferrari che nelle sue varie fasi ha coinvolto alti dirigenti del Pd del comune emiliano) perseguita il segretario regionale, ex bersaniano convinto salito da qualche settimana sul carro di Renzi. L’udienza del gup che doveva tenersi lo scorso 16 settembre, slittò una prima volta per lo sciopero dei penalisti, e se oggi il segretario Pd sperava, chiedendo l’abbreviato, che la buona sorte gli concedesse un’udienza a stretto giro di posta (come accadde per il presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, accusato e poi assolto per la vicenda Terremerse, la cui sentenza in abbreviato arrivò il giorno dopo l’udienza preliminare) sarà certamente rimasto deluso. Il prossimo appuntamento in Tribunale è per fine novembre, cioè ad una sola settimana dalle primarie del Pd (fissate per il prossimo 8 dicembre) e la campagna di Renzi sarà tutta guidata da un neorottamatore in attesa di udienza. L’imbarazzo per l’aspirante leader democratico, che proprio sul tema giustizia, si sta inimicando il suo stesso partito, potrebbe non essere da poco. "La sinistra non può essere legalitaria solo quando c’è Berlusconi e smettere di esserlo quando ci sono gli altri”, aveva detto qualche giorno fa il rottamatore scagliandosi contro l’ipotesi di un provvedimento di indulto per risolvere il problema carceri. E dalla Fiera di Levante di Bari, aprendo la sua corsa per la leadership del partito aveva aggiunto: "Come facciamo a spiegare ai giovani il valore della legalità?".

Difficile, quasi come spiegare per quale motivo, al di là di quella che sarà la sentenza, il suo braccio destro ha in pendenza un rinvio a giudizio per la gestione di un chiosco-birerria nel parco cittadino di Modena.

La vicenda è complicata: secondo l’impianto accusatorio del pm Bonaccini, quando era assessore al Patrimonio del Comune di Modena (tra il 1999 e il 2004), favorì, insieme a due dirigenti comunali, il passaggio della gestione del piccolissimo locale dalla barista Achiropita Mascaro (poi uccisa nel 2007, omicidio per cui l’unico accusato un suo ex socio è stato assolto con formula piena), alla società Sdps, i cui referenti erano i gestori di un noto pub in auge a Modena alla fine degli anni ’90.

Secondo il pm Enrico Stefani, ci sarebbero state pressioni alla Mascaro per far subentrare un’altra società nella gestione del chiosco e comunque, alla donna la gestione venne revocata nel 2003 dal Comune di Modena, proprietario del locale, per "inadempienze contrattuali" e, subito dopo, il chiosco fu affidato alla Sdps. Dopo qualche mese la società, nel frattempo intestata ad un nuovo socio, smise di versare al Comune i canoni d’affitto, risultando per lungo tempo inadempiente nei pagamenti, senza che mai questo comportasse la scissione del contratto da parte del Comune di Modena.

Insieme a Bonaccini, sempre con rito abbreviato, saranno giudicati per la stessa vicenda, a fine novembre anche Mario Scianti, all’epoca dei fatti dirigente del settore Patrimonio del Comune di Modena (abuso d’ufficio e turbativa d’asta) e l’attuale assessore alla Sicurezza del Comune di Modena Antonino Marino (abuso d’ufficio).

Con loro davanti al giudice compariranno anche Giulia Severi, altro dirigente comunale di Modena, accusato di abuso d’ufficio che ha scelto la formula dell'interrogatorio, e Massimiliano Bertoli e Claudio Brancucci i due gestori di locali che entrarono in possesso del chiosco, secondo il pm Enrico Stefani, favoriti, appunto da illecite decisioni del Comune di Modena.

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