Cronache

La Procura di Imperia apre un'inchiesta sulle stragi partigiane

Il pm vuole la verità sugli eccidi di Castiglione e dell’ex caserma Crespi

Maria Vittoria Cascino

Dal Tribunale Militare della Spezia alle Procure di Imperia e Reggio Emilia. È l'effetto valanga. Dopo Savona. Che indaga sugli eccidi di Cadibona e Monte Manfrei, acquisendo gli atti e interrogando i testimoni. Adesso tocca a Imperia. Il dottor Di Mattei apre l'inchiesta sulle stragi di Castiglione di Oneglia e dell'ex caserma Crespi. Mentre a Reggio Emilia il sostituto procuratore Maria Rita Pantani ne sta istruendo altri otto di fascicoli. Tutti inviati dal collega spezzino Marco De Paolis. Che s'era dichiarato incompetente per giudicare gli eccidi compiuti dai partigiani dopo il 25 aprile 1945, non considerandoli atti di guerra. E la colpa è di Marco Pirina, direttore del Centro Studi e Ricerche Storiche Silentes Loquimur di Pordenone, se quelle storie dolorose sono diventati esposti-denuncia. Se un procuratore ci ha ficcato il naso in quei fogli ingialliti ricomposti con pudore e s'è visto costretto a declinare l'invito, ma non a ricacciarli in un cassetto.
«Sono delitti efferati - dichiarava De Paolis -. Quindi imprescrittibili». Quindi da destinarsi alle procure ordinarie competenti. Ma Pirina grida vendetta, spinge sul decreto luogotenenziale firmato da Umberto II di Savoia e promette di portare tutto all'Aja. Macché. De Paolis non ci sente. Poi la scoperta: per i fatti di Genova, Savona e Imperia è competente il tribunale militare di Torino e i fascicoli finiscono sul tavolo di Pierpaolo Rivello. Intanto le procure ordinarie, per competenza, si vedono inviare da De Paolis la documentazione sugli eccidi. Che non sono amnistiabili perché «fatti abbietti, futili e con particolare crudeltà». Da Imperia chiedono a Pirina di preparare una memoria sui tragici giorni di Castiglione di Oneglia. «Dal 3 al 5 maggio '45 - racconta lo storico -. Il Cnl fa incarcerare nella caserma Crespi 60 notabili fascisti da giudicare. Ma tiene una posizione morbida. Il 3 maggio i partigiani prelevano uno scaglione di 30 prigionieri e ne condannano a morte 28. Prima di mezzanotte vengono legati col filo di ferro e caricati su un camion. Arrivano alla costa di Oneglia. Alla Chiesa dei Camillini i prigionieri chiedono di pregare. I partigiani li riempiono di botte, li trascinano venti metri più su, ad una trincea scavata dai tedeschi».
Pirina parla delle torce accese, dei prigionieri spinti sul bordo della trincea e uccisi a raffiche di mitra. «Tra loro c'era l'onorevole Salvo. Arrestato il 24 aprile, era stato liberato dal Cnl perché non aveva fatto nulla. E pensare che su i giorni di Oneglia il comandante della polizia partigiana cercò di sviare le indagini dicendo che erano stati i fascisti ad ammazzare altri fascisti. Ma i documenti scovati all'Archivio Centrale di Stato-Presidenza del Consiglio, non lasciano dubbi». Poi parla del sopravissuto Mario Agnelli, che riuscì a raggiungere Diano Castello e riferire l'accaduto. L'altro eccidio su cui lavora il procuratore Di Mattei è quello compiuto nell'ex caserma Crespi, trasformata in carcere, dal 10 maggio al 5 giugno 1945. «L'ultimo ucciso fu Maurizio Ferrari. L'atto di morte è il 31 E 147/11 1946».
A Reggio tocca occuparsi delle stragi di Montecchio, Fabbrico, Ca' del Bosco di Sopra, Castelnuovo di Sotto, carcere di Reggio Emilia, Poviglio, Ca' de Caroli (una fornace dove finirono bruciati i corpi degli scomparsi) e Scandiano, «dove il 29 aprile '45 don Terenziani fu ucciso da quattro partigiani». Pirina va oltre e chiede che per la storia del prete venga ascoltato anche Romano Prodi: «Agli atti abbiamo allegato le dichiarazioni rilasciate a Bruno Vespa dal professore. Che aveva sei anni allora. Era appena uscito dalla messa al Ventoso di Scandiano quando vide alcune persone sequestrare don Terenziani, insultarlo e spingerlo verso il muro di cinta del cimitero. Poi sua sorella Fosca gli coprì gli occhi perché non continuasse a vedere». Pirina ha messo in moto l'ingranaggio. Ha fatto rumore, ha bussato a tante porte, ha dato forma concreta alle storie sussurrate dietro muri che hanno orecchie. Anche a Reggio Pirina ha consegnato l'elenco delle persone da sentire e i nomi dei responsabili. Viventi. «Ho depositato pure il mio nuovo libro “Il sangue e... le memorie”, che contiene il Dvd di 125 minuti girato proprio nei luoghi dei fascicoli aperti. Ci sono testimoni, ci sono i luoghi». E c’è una persona che riferisce i gesti efferati compiuti da individui ancora viventi. Pirina alla Procura di Reggio si presenta con Giuseppe Pagliani, legale del Centro Studi: «Ci costituiamo parte civile per chi non c'è più. Per chi non può chiedere giustizia per i suoi cari. Il nostro sito www.silenteloquimur.it è a disposizione per chiunque voglia contattarci. Abbiamo lavorato molto per ricostruire quelle storie di dolore, abbiamo scavato in centinaia di archivi, abbiamo ascoltato parole mai dette. Le abbiamo ricomposte per la verità e per chiudere una volta per tutte questa fase.».

Per riuscire a chiudere gli occhi dopo sessant'anni.

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