Roma

Tra profumi e tassametri ecco i molisani di Roma

Nella capitale sono 25mila: duemila di loro guidano un taxi

Gian Piero Milanetti

Il comun denominatore di Antonello Venditti, del giocatore della Roma Alberto Aquilani, di Laura Biagiotti e della scrittrice Chiara Gamberale? Il Molise. Il cantore della romanità, la stilista di via Condotti, la giovane promessa del calcio e quella delle patrie lettere, tutti vantano radici (più o meno ramificate) molisane. Un dna fatto di umiltà, modestia e laboriosità, e (perché no?) di creatività, condiviso con una sottile schiera di cantanti e campioni, attori e registi, manager e imprenditori, parlamentari e ministri. Una pattuglia di vip che è la punta di lancia di un esercito di «molisani di Roma», tra i quali spiccano l’esercito di 2.000 tassisti e gli oltre 200 profumieri.
«I molisani nati nella regione d’origine e poi trasferitisi qui a Roma sono tra i 20 e i 25mila», spiega Giampiero Castellotti, giornalista e cofondatore di «Forche Caudine», la più importante associazione di molisani, nata nel 1989. «Altrettanti sono quelli di prima o seconda generazione, o pendolari: studenti universitari e militari». Ma il mestiere tipico dei molisani di Roma è senz’altro quello del tassista. «Delle 6.000 licenze di taxi della Capitale - sottolineano nella sede di Forche Caudine, in via Foligno 27 (tel.067029692) - quelle intestate a molisani sono tra le 1.500 e le 2.000». Una percentuale che non trova riscontro in nessun’altra comunità. Un fenomeno sociale, questo dei molisani-tassisti, che affonda le sue radici nella più antica storia contadina di quella regione. Per spiegarlo, bisogna tornare indietro di qualche decennio, quando i primi molisani immigrati mettono a frutto la loro pratica coi cavalli e trovano lavoro come stallieri dei vetturini soprattutto a Borgo e attorno a via Sannio. Molti dalle stalle saltano ben presto in vettura come conducenti. Pronti, non appena passa il treno del progresso, a mettersi al volante dei primi taxi. Non a caso, la prima licenza da tassista del Comune di Roma viene rilasciata proprio a un molisano. In pochi anni il noleggio di autovetture da piazza con tassametro, nella Capitale, diviene l’attività economica predominante di paesini appenninici come Bagnoli del Trigno, Salcito, Pietrabbondante, Pietracupa, Trivento. «Quella del taxi - spiega Giampiero Castellotti - è diventata una vera e propria cultura, per i nostri corregionali. I conducenti partivano e tornavano dalla vacanze in carovane di auto pubbliche dipinte di giallo o di verde, che destavano l’allarme della polizia stradale. Ci sono stati giovani avvocati che quando lo studio chiudeva si mettevano al volante del taxi del padre per pagarsi le vacanze. E a Bagnoli del Trigno, ancora oggi, impartiscono, ogni anno, la benedizione dei taxi». L’altro polo economico dei molisani di Roma è stato, ed è ancora, la profumeria. Quasi tutti originari di Sant’Elena Sannita, i profumieri detengono una specie di monopolio per questa attività commerciale nella Capitale. Eppure i loro inizi sono stati da arrotini. Il paese a ridosso di Sant’Elena, infatti, è Frosolone, dove resiste da secoli una tradizione medievale di lavorazione di forbici e coltelli, che i santelenesi acquistavano e vendevano in giro per le strade della Penisola. Le prime coltellerie della Roma capitale d’Italia le hanno aperte proprio i loro bisnonni, amano ricordare i molisani, che si stanziarono al Pigneto, attorno al ponte Casilino, all’Alberone, dove facevano capolinea i primi pullman che andavano e venivano dal Molise, e dove arrivava il «magare», lo stregone-medico con il suo carretto di rimedi. Dall’arrotatura alla vendita di coltelli e poi a quella di saponi, schiume da barba e profumi, il passo è stato breve. Oggi i santelenesi controllano o gestiscono più di 200 profumerie (alcune all’avanguardia, con punti benessere e spazi espositivi per mostre d’arte), facendosi un vanto di non aver mai fallito e di essere i primi a chiudere e gli ultimi ad aprire i negozi. Piccolo, ma di prestigio, anche il nucleo dei sarti, quasi tutti di Capracotta. Tra loro, il presidente dell’Accademia dei Sartori, Sebastiano De Rienzo, che ha lavorato per marchi prestigiosi come Valentino. «Svolgono quasi tutti il lavoro da mediano», spiega Castellotti, con metafora calcistica. «Realizzano il prodotto, e poi i grandi nomi della moda applicano l’etichetta. D’altra parte, il molisano difficilmente diventa protagonista. Lavora lontano dai riflettori perché viene dalla montagna e non ha né la solarità dei napoletani né la passionalità del meridionale.

Tutt’altro, è una persona estremamente rigorosa con un senso della giustizia e della misura molto forte, una tenacia d’acciaio e una forza di volontà irriducibile».

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