Nautica

"Per progredire bisogna osare. Subito"

Ceccarelli: "Avere una piccola barca costa meno della casa in montagna. Da tempo puntiamo sull’ecologia a 360°. Ma più che penalizzare chi non investe in questo senso bisognerebbe premiare chi lo fa, con strumenti come la riduzione dell’Iva"

"Per progredire bisogna osare. Subito"

L’America’s Cup? È stata portata all’esasperazione. La crisi? Lo stile italiano saprà superarla. La nautica? Sopravvivrà chi ha investito in qualità e innovazione. Il mare? È soprattutto passione. Basta una chiacchierata con Giovanni Ceccarelli per sentirsi subito al largo, con il vento tra i capelli, a navigare tra risposte schiette, sempre proiettate nel futuro, e osservazioni critiche sul presente e il passato del settore. D’altronde, la storia italiana del design integrale è nata proprio nello studio Ceccarelli di Ravenna, con il padre Epaminonda prima, e con il figlio Giovanni poi, che si occupa delle barche a vela e a motore, dal progetto al varo. È qui a Ravenna che si deve venire per tastare il polso della progettazione nautica. «Siamo in un momento difficile - dice Giovanni, che è anche presidente di As.Pro.Na.Di. (Associazione Progettisti Nautica da Diporto) - Grandi eventi come il Salone Nautico stanno ancora valutando dove andrà questo mercato. Per progredire però bisogna osare. E possiamo farlo ora che, anche la nostra classe politica, da Castelli a D’Alema, passando per Maroni, ama il mare». Giovanni Ceccarelli osa da una vita, con successo: nessuno ha mai vinto quanto lui tra campionati del mondo e campionati italiani, in differenti classi d’altura, e nessuno ha mai ricevuto così tanti riconoscimenti. L’ultimo è arrivato solo pochi mesi fa, al Salone di Genova, grazie ad «Azuree 33» del cantiere turco Sirena Marine, eletta barca dell’anno nella sezione vela per «le soluzioni progettuali e funzionali - si legge nella motivazione - e il layout interno non convenzionale open space, che apre nuove strade di design». Lodato soprattutto perché comparabile per confort e prestazioni a unità di dimensioni maggiori, questo Cruiser, adatto a chi ha già una notevole esperienza, è stato progettato in Italia ma realizzato in Turchia, dall’unico partner estero del gruppo Azimut Benetti. Guai a parlare di delocalizzazione però: «Si tratta di un prodotto totalmente straniero, cui noi abbiamo aggiunto il know how italiano - puntualizza Ceccarelli - la forza del nostro Paese, quella che può condurci oltre ogni crisi, sta proprio in quel bene impalpabile che è lo stile made in Italy, un misto tra gusto estetico e capacità ingegneristica, sviluppata anche in un’ottica di sostenibilità ambientale». Ceccarelli, infatti, attraverso As.Pro.Na.Di, è anche promotore di iniziative a favore dei talenti del settore come il concorso per tesi di laurea e master Diporthesis, che ha visto premiare, sabato della scorsa settimana, tre giovani dell’Istituto Europeo di Design di Roma, della facoltà di Architettura dell’Università di Palermo e della facoltà di Ingegneria meccanica sempre dell’ateneo siciliano, per progetti rispettivamente dedicati alle imbarcazioni a motore, a vela e a sistemi tecnologici. Ma non è tutto. La Ceccarelli Yacht Design, da tempo punta su barche ecologiche a 360 gradi, a partire dei materiali che possono essere compositi, a base di fibre naturali come il bamboo, o tradizionali come il legno che andrebbe rivalutato a tutti i livelli e ottimizzato, perché no, grazie alla tecnologia: «Più che penalizzare chi non investe in questo senso bisognerebbe premiare chi lo fa, magari con strumenti come la riduzione dell’Iva», propone il designer ravennate. Che non perde occasione per denunciare l’abusata equazione diportisti-ricchi-evasori: «È uno stereotipo che mi fa rabbia - aggiunge - Una piccola barca costa molto meno di una casa in montagna. E chi va per mare lo fa soprattutto per passione». Ceccarelli rimpiange gli anni d’oro di Luna Rossa, quando gli italiani erano affascinati dalla Coppa America e dalla vela in genere: «In poco tempo è stata rovinata dai litigi - confessa con amarezza», lui che è stato direttore tecnico e principale designer di “Mascalzone Latino” e di “+39 Challenge”. E non nasconde forti perplessità anche sulla prossima edizione, quella in programma a San Francisco nel 2013. «La scelta di gareggiare con i catamarani di 72 piedi è discutibile sia perché appare troppo dispendiosa per l’attuale situazione economica mondiale sia perché rischia di sbilanciare la sfida sugli aspetti tecnologici mentre protagonista di queste sfide dovrebbe essere l’uomo». Non c’è più spazio, dunque, per barche alla Ceccarelli? «Non so se è un’esperienza che ripeterò perché ci vorrebbero le condizioni per poter lavorare bene». Una risposta che per gli appassionati duri e puri significa quasi un addio.

Nella foto Vincitori e giurati del premio «Diporthesis» che si è svolto nei giorni scorsi. I premiati sono tre giovani provenienti rispettivamente dall’Istituto Europeo di Design di Roma, dalla facoltà di architettura dell’università di Palermo e dalla facoltà di ingegneria meccanica dello stesso ateneo palermitano

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