Cultura e Spettacoli

Progresso e libertà: la terza via di Pannunzio

C ome tutti i grandi che hanno segnato una stagione culturale, anche Mario Pannunzio (1910-1968), il direttore e fondatore di Risorgimento Liberale (1944-1947) e del Mondo (1949-1966), ha lasciato una «destra» e una «sinistra».Della prima fanno parte oggi i soci del Centro Pannunzio di Torino e ieri diversi reduci de Il Mondo ospitati nelle pagine culturali de Il Giornale montanelliano; della seconda fanno parte, assieme alla sedicente «area laica», altri reduci del settimanale pannunziano ospitati da Repubblica. Gli uni e gli altri ne danno una lettura inevitabilmente parziale.
La sinistra tende a minimizzare il tenace anticomunismo di Pannunzio, la scelta coerente per l’America e l’Occidente, la solidarietà incondizionata sempre manifestata ad Israele, l'allergia ad ogni tentazione mediterranea ma, soprattutto, l'estraneità a quello che Benedetto Croce, uno dei numi tutelari de Il Mondo assieme a Luigi Einaudi e a Gaetano Salvemini, chiamava l’attivismo ovvero l’eterno romanticismo politico italico. Era l’abito mentale che portava molti esponenti della sinistra non marxista a simpatizzare con i contestatori del sistema, con i giovani iconoclasti, con gli studenti che volevano raddrizzare le zampe ai cani, in nome del nuovo, dell’andare avanti, dell’abbattimento dei privilegi sociali. La destra, però, tende a sottovalutare l’ispirazione illuministica di Pannunzio che non concepiva la democrazia liberale come registrazione dei bisogni effettivi della gente ma come l’infallibile strumento istituzionale in grado, a differenza dei regimi totalitari, di mettere in moto la locomotiva del Progresso. Di qui l’insofferenza per la provincia cattolica, per il qualunquismo diffuso tra gli Italiani nonché l’identificazione del fascismo con la nostra arretratezza etica e culturale, in linea con «l’autobiografia della nazione» di cui parlava Piero Gobetti: ma di qui, soprattutto, un progetto di terza via, tra capitalismo e collettivismo, che alla destra della programmazione lamalfiana vedeva solo la reazione in agguato - Malagodi e la Confindustria!
Questi diversi aspetti della 'lezione' di Pannunzio trovano conferma nelle pagine di un volume appena uscito, Mario Pannunzio. Giornalismo e liberalismo. Cultura e politica nell'Italia del Novecento (Edizioni Scientifiche Italiane). L'Autore, Antonio Cardini, uno storico di elevata cifra professionale, ha scandagliato il Fondo Pannunzio dell'Archivio Storico della Camera dei Deputati e ha potuto mettere mano su una corrispondenza sterminata che mostra un Pannunzio tutt'altro che pigro.

Si tratta di materiali che ci consegnano il ritratto di un «anti-italiano» che, vedendo nel qualunquismo quasi un'escrescenza sul cadavere del fascismo, non aveva alcuna indulgenza per quanti, dopo i lutti bellici, prima ancora delle riforme, volevano il ristabilimento dell'ordine e della sicurezza nelle strade e, refrattari a farsi 'rifare l'anima',votavano a destra.

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