Controcultura

Prose saturnine su malattie e vacanze

Un uomo in bilico fra ossessione per la morte e voglia di essere amato

Daniele Abbiati

«La noia è talvolta, se non un'ottima consigliera, almeno, forse, un buon consiglio», scrive Verlaine nelle sue Confessioni, datate 1895. Un consiglio che il poeta accolse sempre volentieri. Sia da sano (almeno clinicamente...), sia da abituale ostaggio della «fattucchiera verde», cioè dell'assenzio. E, a maggior ragione, durante i ricorrenti ricoveri, soprattutto nel quinquennio 1886-1890. Ne girò parecchi, di ospedali, per guai fisici di varia natura. Era un buon escamotage per sfuggire all'umor nero, un modo per arruolarsi nelle retrovie di un'umanità dolente e povera, abbandonata e arrabbiata. La cronaca, non romanzata ma versificata in prosa di quelle discese nel purgatorio è tutta in Mes Hôpitaux del 1891. Ed eccole, le camerate puzzolenti e le zuppe rancide, le agonie e i lamenti, le grasse risate e le guerre fra disperati, tradotte per la prima volta in italiano in Miseria nera (Edizioni della Sera, pagg. 203, euro 14, cura e traduzione di Michela Landi, dal 10 marzo nelle librerie).

Sempre prossimo all'oltretomba per vocazione e forse addirittura per nostalgia, dopo la dipartita, nel 1867, dell'adorata cugina Élisa Moncomble, Verlaine in Le memorie di un vedovo si definisce «monomaniaco» dei funerali che chiama «feste della Morte», e con Carro funebre al galoppo ci ha dato un fulminante, struggente, perfetto monumento al defunto ignoto. Qui, leggendo I miei ricoveri, emerge in superficie dalle profondità del suo oceano di amarezza tutta la disillusione di un uomo solo, probabilmente pentito della rottura con la moglie Mathilde.

Ma il «battello ebbro» Verlaine, pur segnato dall'irreparabile falla della morte di Rimbaud, trova il modo, nel novembre del 1892, di dare un ultimo colpo di timone alla sua vita errabonda. Appena uscito da uno dei «suoi» ospedali, accetta l'invito dell'editore olandese Johannes Blok di svolgere alcune conferenze nei Paesi Bassi. Quindici giorni in Olanda è il resoconto di quella vacanza (ovviamente tutta spesata dagli ammiratori di lassù...) che in Miseria nera fa da contraltare alla decadenza dei resoconti ospedalieri. Piacevole compagnia, con in primo piano il pittore Philippe Zilcken, buona tavola, passeggiate, riposo, l'incanto regalato dai capolavori di Rembrandt.

E, cosa che non guasta, la piacevole, prima di allora sconosciuta sensazione di essere stimato come persona.

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