Cultura e Spettacoli

Il "provinciale" Mercadante pittore senza turbamenti

Visse sempre nella sua Torraca, in Cilento, e dipinse l'amato mondo contadino con toni crepuscolari ma non retorici

Il "provinciale" Mercadante pittore senza turbamenti

La riapparizione di un vero pittore è sempre una festa; e impone, con il compiacimento, la responsabilità di riscrivere la storia; ovvero rimettere ordine fra ciò che è confuso o che manda segnali poco chiari. E in certi momenti una nuova riflessione appare necessaria, anche se non sempre obbedisce a urgenze storiche. Biagio Mercadante nasce a Torraca il 12 maggio 1892, e a Torraca muore il 30 agosto 1971. Non c'è dunque una ricorrenza legata alla nascita o alla morte. Mercadante è morto 44 anni fa, ed è nato 123 anni fa. Due date così fratte e lontane da un cinquantenario da non essere determinanti per onoranze e celebrazioni. Se ne riparlerà, tuttalpiù, nel 2021; ma in quella data Mercadante avrà già ripreso, nella storia dell'arte del Novecento, il ruolo che il miglior mercato non gli ha mai precluso.

Questo pittore cilentano, la cui espressione è la più pura e la più autentica per preservare la memoria di una terra meravigliosa e remota, non ha mai perduto l'attenzione e l'affetto di collezionisti sensibili. Sensibili al suo gusto, alla sua pittura, alla sua crepuscolare e intimistica poetica. L'opera di Mercadante, parallela e indifferente a tutte le avanguardie, le tendenze e le mode del Novecento, non è ritardata o attardata, muovendosi in uno spazio estraneo a qualunque tendenza di un secolo tanto breve quanto agitato; ma si muove genuinamente nello spazio di una vita di provincia ferma nel tempo e autentica, attraversando le stagioni della Prima Guerra Mondiale, del fascismo e del secondo dopoguerra come una storia rumorosa ma ininfluente.

Le lente giornate della provincia meridionale sono lo scenario quotidiano della sua immaginazione, fedele soltanto a una verità interiore, a uno spirito di osservazione che non vuole oltrepassare i confini della realtà vissuta dei sentimenti e delle semplici emozioni. Non c'è un altrove, per Mercadante. C'è Torraca, con le sue strade, i suoi paesaggi, le sue chiese, le sue contadine, le sue trebbiature, i suoi mercati: un piccolo mondo antico, insomma, di abitudini e consuetudini che non mutano, e che non sono diverse da quelle osservate nella pittura di Domenico Morelli, di Vincenzo Volpe, di Michele Cammarano e anche dell'esuberante Vincenzo Irolli. Anzi, pensando a quest'ultimo, e a Vincenzo Volpe, si dovrà osservare, rispetto al più prossimo Mercadante, lo scarto cronologico di più di trent'anni che, pur nella diversità dello stile, non vede sostanziale mutamento di soggetti e di atmosfere, di dimensione, più che divisione, del mondo. I pittori napoletani, tra fine Ottocento e i primi due decenni del Novecento, sono del tutto indenni da suggestioni e contaminazioni delle correnti artistiche europee, perfino dell'Impressionismo. Sono spesso, come Irolli, meravigliosi illustratori, ricchi, esuberanti, sensuali, tripudianti, trabocchevoli d'affetti.

Nessun dubbio che Mercadante sia un buon pittore, sensibile e autentico. Lo vediamo bene in ogni aspetto della sua pittura, semplicemente ripartita nei soggetti e nei generi della tradizione: ritratti, interni, paesaggi, temi contadini e di folclore, nature morte, con la predilezione per i fiori. È quello che ci aspettiamo da un pittore che non ha pretese, slanci, ambizioni e, tantomeno, volontà di cambiare il mondo. Al culmine della sua maturità, senza una vistosa evoluzione stilistica, Mercadante torna a vivere a Torraca e a Sapri. Possiamo immaginarlo, placido e curioso, contento di una vita riparata. Così viene descritto: «Gli piacevano le passeggiate, il Ramino, la Scala quaranta, si intratteneva frequentemente nel bar di Paolo Caggiano dove giocava a biliardo». Sono giornate tutte uguali per più di vent'anni, e nonostante che avesse attraversato, adulto, due guerre mondiali. Nessuna reazione, nessun turbamento, nessuna crisi esistenziale, imperterrito. Aveva iniziato i suoi studi all'istituto di Belle Arti di Napoli, osservando Michetti, Mancini, Caprile, Pratella, Postiglione, Irolli, Scoppetta. Un maestro anziano e luminoso era ancora attivo: Michele Cammarano. Da lui Mercadante imparò a modellare la figura umana, a definire l'anatomia degli alberi, a comporre la morfologia delle rocce, delle montagne, contro limpidi cieli azzurri, a tener viva l'epidermide della pittura con la ricchezza della materia e la libertà della pennellata. Cammarano fu la fonte più pura dell'ispirazione di Mercadante.

Un osservatore acuto come Alfredo Schettini lo riscontra: «L'anima di un pittore ottocentista appare spesso simile alla fiamma ilare del focolare domestico, che mal s'accorda con le vampe chimiche su cui taluni artisti del nostro secolo mettono a bollire le loro fervide miscele, che mandano un puzzo d'inferno... se consideriamo il cammino della nostra arte, troveremo sempre i medesimi fattori che, sotto apparenze varie, e con alterne vicende, ne costituiscono l'essenza». Non è percepibile neppure una significativa escursione stilistica in opere così sapientemente estranee alla storia e alle mode. Si riscontra una particolare felicità nei soggetti femminili di interni e di atmosfera. Ma Mercadante è genuino anche nella più tradizionale pittura di genere.

Mercadante è anche pittore di vedute nello spirito documentario di un illustratore. La sua visione è intimista, crepuscolare, lirica. Ma il mondo contadino, tanto amato e osservato, gli aveva consentito anche capolavori di spirito propagandistico sui temi della terra, del lavoro o della maternità, il cui spirito si riproduce anni dopo, nel dopoguerra. Il soggetto della madre che allatta il bambino ha una potenza di verità e di poesia inconsuete e autentiche. E raramente pittori considerati e reclamati (penso allo stesso Severini della nota Maternità del 1916) sono stati più efficaci ed espressivi. In Mercadante non c'è mai retorica, tantomeno del mondo contadino pur non inteso come mondo di sofferenza e di dolore, e anzi come simbolo d'integrità morale e di conservazione delle tradizioni. Con questo animo Mercadante dipinge, e non pensa neanche per un attimo a diventare astratto. Nella sua produzione coerente e fedele al mondo che ha visto, ci sono anche momenti di visione originale e d'ispirazione meno istintiva, più compositivamente elaborata. Difficile sottrarsi alla suggestione di Vermeer davanti ad alcuni quadri intensi e moderni; o dal taglio originalissimo, alla Caillebotte. Sono episodi rari ma di formidabile intelligenza compositiva che sfuggono alla prevalente dimensione illustrativa proiettando Mercadante in una poetica tra crepuscolare e metafisica, potenziale, inespressa, ma sempre sul punto di rivelarsi.

Pur sempre sorvegliato e pittoricamente efficace, Mercadante è discontinuo e talvolta, soprattutto nei paesaggi, meno ispirato, o forse più convenzionale. Non so se sia giusto parlare per lui, come qualcuno ha suggerito, di «Mistero del visibile». Mercadante è un pittore senza mistero, terso, luminoso, evocativo a partire dal mondo che ha visto e che non avverte mutare perché ne ha un sentimento di stabilità e di permanenza. La donna che ricamava negli anni '30 continua a ricamare negli anni '50, ed è sempre giovane, perché il tempo non ha mutato consuetudini, abitudini e tradizioni. Mercadante ce lo vuole dire senza equivoci. Il mondo sarà cambiato altrove.

Ma non a Sapri, non a Torraca, dove Mercadante ha avuto la fortuna di vivere e di morire.

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