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Pure Veltroni si è stufato di Ciancimino: "Le sue accuse andavano prima verificate"

L’ex leader Pd: "Le sue dichiarazioni andavano accertate prima di usarle". Nuove indagini sul patrimonio di don Vito: tracce di affari anche in Spagna, Russia e Ucraina. "In Romania 300 milioni"

Pure Veltroni si è stufato di Ciancimino:  
"Le sue accuse andavano prima verificate"

La sua carriera di oracolo, tv e antimafia, è sfumata. Persino Walter Veltroni, che se lo è pure ritrovato fianco a fianco ad Annozero, scarica Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco boss di Palermo juke box preferito dei pm anti-Cav finito in disgrazia, in galera, con l’accusa di calunnia aggravata all’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro. E nel frattempo, cosa che addolorerà Massimuccio certo di più del niet dell’ex leader del Pd, c’è un ritorno di fiamma delle indagini che a Ciancimino jr piacciono meno: quelle sul patrimonio plurimilionario del padre, quell’impero economico che lui ha investito in mezzo mondo e che ha tutelato in ogni modo, guardandosi bene, lui che parla e straparla di tutto e tutti, dal fare ritrovare.
L’altolà di Veltroni a Ciancimino jr e a chi ha fatto di lui una specie di guru mediatico infallibile è arrivato da un’intervista al Foglio: «Le dichiarazioni rese dai pentiti e dai collaboratori di giustizia – ha detto l’ex leader Pd – non vengano utilizzate senza essere prima accuratamente verificate. In passato mi sono ritrovato una volta ad avere a che fare anche in tv con Massimo Ciancimino.

Lo dissi allora in diretta e lo ripeto oggi senza alcuna paura: i pentiti sono uno strumento fondamentale della macchina della giustizia ma le loro parole non possono essere considerate “verità assolute” solo perché fanno comodo a qualcuno, a intermittenza a seconda della convenienza politica».

Una bocciatura netta. Ma Ciancimino jr per ora ha cose ben più serie a cui pensare. All’inchiesta per aver calunniato De Gennaro e per l’esplosivo nascosto nel giardino di casa a Palermo si aggiunge ora una nuova grana, quella che forse lui teme di più: il ritorno di attenzione sull’immenso patrimonio paterno, che lui ha cercato di salvare occultandolo in mezzo mondo: in Romania, con il business dei rifiuti stimato tra i 300 e i 500 milioni di euro, già scoperto nel 2005 dalla Procura di Palermo ma che adesso sarà scandagliato ulteriormente; in Spagna, con l’affare della metanizzazione; e poi in Russia, Ucraina, Portogallo, Svizzera, Usa, tutti i luoghi individuati nell’inchiesta per riciclaggio per la quale Ciancimino junior è stato già condannato due volte, a 5 anni e 8 mesi in primo grado e a 3 anni e 4 mesi in appello. Sulla Romania, e sugli interessi in «Agenda 21 sa», l’azienda rumena che si occupa dei rifiuti, i pm di Palermo sono pronti a nuove indagini.

Lo annuncia il procuratore Francesco Messineo, pur rimarcando che di storia vecchia si tratta, visto che il 25% della holding riconducibile a Ciancimino è stata sequestrata dai pm già nel 2007. Ma c’è un altro appuntamento imminente che a Massimuccio fa paura: il prossimo 11 maggio la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, si pronuncerà sul patrimonio già confiscatogli al processo per riciclaggio, circa 60 milioni di euro.

Un brutta botta per un «personaggio enigmatico», così lo hanno definito i giudici nella sentenza d’appello, «intenzionato a salvare una parte di quella ricchezza (in altra parte dissolta in spese rilevanti e consumistiche abbandonandosi a lussi sfrenati) così tanto agognata».

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