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Quando dalla bufera sbucò Gaul

Gelo polare, vento e neve, tutti intirizziti, soltanto quaranta dei cento partiti arrivati al traguardo. Il vincitore soccorso e portato a braccia in albergo

Dopo cinquant’anni rivivo momenti di un giorno drammatico, il cui ricordo suscita anche sentimenti affettuosi. In quel tempo della mia variegata esistenza governavo una squadra ciclistica e il 9 giugno 1956 si disputava la tappa del Giro d’Italia Merano-Monte Bondone, la montagna di Treno. Che considero un po’ anche mia, soprattutto dopo il successo mondiale del Trofeo Topolino dei ragazzini sciatori.
A Merano la mitica maglia rosa confortava l’orgoglio di Pasquale Fornara, ma il Giro non era ancora deciso, anzi. Da Merano i corridori dovevano raggiungere Bolzano e poi superare i passi di Costalunga, Rolle, Gobbera e Broccon, quindi raggiungere Trento lungo la Valsugana e infine affrontare le ripide svolte del Bondone. Faceva freddo e un vento inatteso e burrascoso diffuse un forte senso di presagi avversi. Così fu. Sul passo Costalunga nevicava e così sul Rolle e poi si seppe che sul Bondone in tre ore fiocchi di neve si distesero ovunque per oltre mezzo metro. Il mio capitano era Gastone Nencini che l’anno prima, proprio a Trento, era in rosa ma il giorno dopo, per una maledetta foratura, dovette cedere il simbolo del primato a Fiorenzo Magni. Speravo ancora in lui, ma lungo la discesa del Broccon dovette arrestari perché era congelato e non riusciva più a usare i freni. Lo lasciai in una vasca da bagno di una casa ospitale.
Ma il vero dramma raggiunse il diapason lungo la Valsugana per un vento contrario che addirittura sradicava alberi. Metà dei concorrenti abbandonarono la corsa, altri «rimediarono» raggiungendo Trento su qualche camioncino o auto. Pasquale Fornara si adagiò sul terreno a una curva fra Sardagna e Candriai, soltanto una quarantina dei cento partiti raggiungerso il traguardo, primo Charly Gaul portato a braccia in un albergo dopo l’ultima pedalata. Secondo fu Fantini, terzo Fiorenzo Magni e poi via via tutti a distanze di molti minuti. E Gaul indossò la maglia rosa. Gastone Nencini lo ritrovai più tardi e piangeva, di rabbia più che di dolore. Charly Gaul lo rividi soprattutto l’anno dopo e il «dramma del Bondone» capovolse la sua anima. La tappa era Brescia-Monte Bondone e il fuoriclasse lussemburghese era in maglia rosa. Non c’erano dubbi che l’avrebbe portata fino al traguardo di Milano, ma nel Bresciano, qualche chilometro prima del Lago di Garda, scese dalla bicicletta per un rapido bisogno fisiologico. Lo vide un suo «nemico», il campione francesce Luison Bobet, che lanciò un urlo di battaglia ai suoi gregari, ma fu ben accolto da tutti gli altri capisquadra. Via, a testa in giù! E il plotone dei fuggiaschi giunse all’attacco della salita con oltre 3 minuti di vantaggio sulla maglia rosa. La classifica era: 1. Gaul, 2. Nencini, 3. Bobet. Il francese tentò in ogni modo di staccare il mio Gastone, ma non vi riuscì e al traguardo di Vanezze il mio campione guadagnò la maglia rosa facendomi pensare, lo ricordo bene, a un senso di giustizia e ricompensa divine.
Gastone Nencini non è più con noi, stroncato da un male incurabile alcuni anni or sono. Così Pasquale Fornara. Charly Gaul lo festeggiai lo scorso novembre proprio sul monte Bondone nel giorno in cui gli fu dedicata la storica salita. Un mese dopo ha pedalato fino in cielo per la sua ultima e definitiva salita, ritrovandosi con i suoi avversari di allora.

E oggi il Giro, come allora, torna sul Bondone.

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