Cronache

Quando i partigiani depredavano le case dei poveri

Quando i partigiani depredavano le case dei poveri

Un «libertario di sinistra, svincolato da qualunque partito» che attinge da fonti partigiane per schizzare un ritratto inedito del partigiano, un bel po' lontano dal cliché trionfalista della Liberazione. Il risultato? «Partigiani - Una storia di uomini» in cui Sandro Antonini, senza ritegno direbbero i suoi, lava i panni sporchi in pagina, smarcandosi dal mito della Resistenza in quanto tale per focalizzare il paradigma umano che l'ha giostrata. Fedele al Benjamin-pensiero, per «strappare la trasmissione del passato al conformismo che è sul punto di soggiogarla», Antonini viaggia d'archivio per raccontare la resistenza e il «tipo» di resistente che galleggia dai fogli vergati dagli stessi. Una mappa umana delle formazioni del nord Italia senza censure ideologiche, per capire a fondo e sfrondare. Osa alzare il velo sui contrasti tra le fila dei partigiani, per una discesa agli inferi a scapito della memorialistica intoccabile e inossidabile. Ma ti stoppa per una premessa fondante: «Comunque tra Fascismo e Resistenza, scelgo la Resistenza, sia chiaro». Chiarissimo Antonini, e per questo il libro pesa ancora di più. Proprio in quel modo di procedere che «può sembrare irritante specialmente quando riporta alla luce episodi rimossi, o, peggio, forzatamente omessi in nome di una presunta unità e della difesa di un mito autoalimentantesi» confessa l'autore. Con l'eloquente incursione nel capitolo sui «contrasti», quando il partigiano Turchi nel 1944, relativamente al calicese e IV Zona ligure scrive: «...Sono state svaligiate case, portati via capi di corredo femminile, di bambini, borse, calze, profumi, sono state portate via a poveri contadini somme di denaro e i colpevoli, comunicati ai comandi di formazione, o vivono ancora tra noi o si sono allontanati».
Antonini analizza i forti momenti di tensione fra comunisti e azionisti e zoomma sui rapporti fra i responsabili delle varie formazioni che continueranno a mantenersi burrascosi. E qualcuno lo ha compreso bene: «Il bello è che, male armati e peggio guidati - si legge in un memoriale del Comando I divisione «Liguria» - non avevamo neppure fiducia negli elementi che si chiamavano organizzatori... Quando sentivano parlare di disciplina e organizzazione militare, tacciavano di disfattisti e fascisti coloro che manifestavano tali idee». E ancora da una lettera del Comando IV Zona operativa: «Nelle formazioni ci si guarda in cagnesco, si tenta di imbrogliare e intorpidire le acque a scopo personale; tutto ciò è avvertito dagli uomini i quali sui monti non si sentono fratelli della causa ma piuttosto non rappresentanti di una formazione e quel che è peggio di un uomo». Un ritratto disincantato, che tira fuori il non detto anche su Bisagno e la sua «frattura con i comunisti quasi insanabile». Che diventa tale nella prima metà del '45 quando Virgola e Leone scrivono di lui in visita alla Coduri: «...Il suo comportamento disgregatore tendeva ad esautorare la nostra autorità nella formazione. Mostrò la sua avversione verso di noi sia nella suddivisione del materiale aviolanciato che in altre occasioni», e non intendono più riconoscerlo come diretto superiore.
Bisagno muore un mese più tardi, «la sua leggenda cresce, ma nulla si viene a sapere dei contrasti che in vita l'hanno opposto ai comunisti» sottolinea Antonini che gli affianca l'azionista Umberto Parodi e relativi memoriali - contro caduti nell'oblio. Come quello di Uscio redatto a fine '45 dal responsabile PdA nel Cnl che descrive i comunisti «teppisti, i quali attraverso revolverate notturne e spari contro le gradinate della chiesa, canti e grida sediziosi, attirano l'attenzione dei fascisti... che ritengono che comunismo consista nel far bottino a proprio vantaggio». Altro capitolo pesante quello sugli aviolanci, con la tragica storia del partigiano comunista Facio ammazzato dai suoi. Fino al capitolo sulla giustizia partigiana e la circolare del '45 di Turchi: «...Si catturano dei prigionieri e si fucilano senza un processo regolare; non solo, molti di questi prima vengono torturati e seviziati. È inutile predicare ai quattro venti che i patrioti sono migliori dei fascisti quando noi adottiamo gli stessi sistemi». Giusto per ridimensionare «dall'interno», con quei documenti redatti dagli stessi personaggi che l'hanno fatta, la Resistenza.
«Partigiani - Una storia di uomini» di Sandro Antonini, editore De Ferrari, pag.

553, euro 40.

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