Medicina

Quando l’atleta si scopre fragile

Il campionato di calcio finisce oggi. Il Giro d'Italia è da poco iniziato. In Europa importanti sfide sportive sono all'orizzonte. Gli atleti sono sempre più impegnati. La competitività cresce, ma porta con se, spesso, la fragilità fisica conseguenza anche dell'agonismo esasperato. I continui microtraumi e l'usura sono una vera insidia, costringono l'atleta a pause forzate e richiedono l'intervento dei medici.
Parliamo di questa fragilità con Domenico Brocchetta, pioniere dell'ortopedia, primario di un reparto di chirurgia protesica del ginocchio e dell'anca (brocchetta.domenico@mula.it). É stato il primo nel mondo ad eseguire un innesto autologo di condrociti (trapianto cartilagineo) nel rispetto della fisiologia ed ha la maggiore casistica italiana . É stato il primo in Europa ad eseguire nel 2003 a Milano un trapianto di ginocchio da donatore.
«La degenerazione ossea e quella delle cartilagini -afferma Brocchetta - non colpisce solo gli anziani, ma anche molti giovani che praticano attività usuranti e traumatiche come il calcio, il tennis, l'equitazione». Quali i rischi degli atleti?
«L'usura -aggiunge Brocchetta - si può manifestare su tutte le articolazioni. Più precocemente si arriva ad una diagnosi precisa della malattia, maggiori saranno le possibilità di applicare procedure terapeutiche meno aggressive evitando che l'artrosi si cronicizzi e formi veri e propri buchi del tessuto cartilagineo. La chirurgia ortopedica propone soluzioni operative efficaci per almeno sei livelli di gravità. É un ampio ventaglio di strategie terapeutiche ad invasività graduale che consentono di salvaguardare al meglio il patrimonio biologico del paziente. Solo quando la diagnosi è posta tardivamente e gli esami evidenziano una grave compromissione dell'intera articolazione, la filosofia conservativa cede il posto a quella demolitiva, con l'impianto di una protesi totale».
Tra i dieci interventi chirurgici più utilizzati in ortopedia, il più frequente è la meniscectomia, il secondo è la toilette della cartilagine, il settimo la ricostruzione del crociato anteriore ed il nono la protesizzazione del ginocchio. Tutte queste procedure hanno un comune denominatore: la cartilagine. «La sua usura ed i traumi con lesioni meniscali o legamentose possono nel tempo originare una artrosi che limita o addirittura impedisce al paziente ogni attività sportiva». In cosa consiste la strategia conservativa?
«Quando la lesione non supera i 10 centimetri quadrati, l'intervento di elezione - precisa Brocchetta - è il trapianto autologo di cartilagine, una procedura conservativa che si è notevolmente evoluta. Quando oltre all’usura cartilaginea vi è anche quella dell’osso sottostante (tipico esempio le osteocondriti) si può intervenire con innesti osteocondrali costituiti da materiale biologico che rappresenta il frutto della ricerca più innovativa». Quando invece le lesioni sono più estese si deve ricorrere ad un impianto protesico. «Anche in questo caso, è possibile puntare sull'aspetto conservativo. Se ad essere usurato dall'artrosi è uno solo dei due comparti dell'articolazione (la parte esterna o la parte interna), si ricorre ad una protesi mono-compartimentale, detta anche mini-protesi, per la scarsa quantità di osso che essa costringe a sacrificare. Nel caso in cui entrambi i comparti del ginocchio siano compromessi, ma i legamenti crociati siano sani (come avviene spesso in giovani pazienti), la soluzione può essere quella di impiantare due miniprotesi, una in posizione esterna e l'altra interna. Nei casi estremi di grave artrosi si può ricorrere alla protesi totale. Quando invece l’artrosi è solo a carico della rotula, si interviene con una protesi piccola come un bottone». L'artrosi dello sportivo può essere peggiorata dal sovraccarico corporeo, da un trauma, da una meniscectomia, da una instabilità articolare, da deviazioni assiali dell'arto inferiore o da un malallineamento femoro-rotuleo.

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