Cronache

Quando la Liguria era popolata dai mostri marini

Alberto Rosselli

Non soltanto i mari esotici e lontani, ma anche il nostro Mar Ligure celerebbe nelle sue profondità non poche bizzarre e terribili creature. Squali giganti, pescicani affetti da malformazioni ed altre stranezze ittiche emergerebbero di tanto in tanto dai fondali di casa nostra per turbarci il sonno e le vacanze. Certo è che in un'epoca come la nostra - apparentemente dominata dal pragmatismo e dalla razionalità tecnologica, ma in realtà afflitta da mille irrisolti tabù e paure ancestrali legati all'ignoto - il timore o l'ipotesi della presenza di mostri marini paiono essere più che mai diffusi nell'immaginario collettivo. A tal punto che, come si sa, registi e produttori hanno pensato bene di giocare sulle suggestioni dei più, approntando una serie di pellicole di successo, anche se frequentemente risibili dal punto di vista scientifico. In questo contesto è quindi interessante sfogliare qualche vecchio giornale o qualche testo di ittiologia (e magari di criptozoologia) per passare in rapida rassegna quegli episodi che più di altri hanno infiammato la fantasia popolare. Ma andiamo per ordine. Nell'infinita graduatoria degli autentici o presunti avvistamenti o catture di «mostruosità» marine il Mar Ligure, come si è accennato, ha fornito nell'arco del tempo un suo non disprezzabile contributo. Nel giugno del 1923, un gruppo di pescatori di Camogli scovò, impigliata nelle reti, la carcassa di uno stranissimo squalo lungo sei metri e pesante oltre 1.200 chilogrammi. Il ritrovamento fece ovviamente notizia e il Corriere della Sera vi dedicò una mezza pagina corredata dalla foto del «mostro». E di mostro in effetti si trattava, in quanto l'animale, il cui corpo somigliava a quello di un massiccio pescecane, era però provvisto sopra il muso di un'anomala protuberanza, tanto che i pescatori camoglini decisero di battezzarlo «rinoceronte marino». Seguirono articoli, servizi fotografici e grande euforia. Ma il tutto durò poco. Analizzando le fotografie della bestia, un ittiologo dedusse infatti che si trattasse di un normalissimo squalo «cetorino», detto anche «manzo», probabilmente affetto da una grave malformazione. Tesi, quest'ultima, che pochi anni fa venne però confutata da un gruppo di criptozoologi, certi di trovarsi di fronte ad una «specie sconosciuta» alla quale sarebbe appartenuto anche un altro simile ma ben più minuto (lungo appena 70 centimetri) esemplare pescato in Scozia, avente anch'esso la medesima protuberanza sul capo. Sempre nelle acque liguri, anche se molti anni più tardi (nell'agosto del 1962), al largo di Spotorno, una fanciulla intenta a fare sci d'acqua venne inseguita per oltre un chilometro - così almeno sostennero i cronisti - da uno squalo bianco di almeno 6 metri che con un morso tranciò la parte posteriore di uno degli sci, per poi sparire nel blu. Poco più di una decina di anni dopo (il 2 giugno 1974) nelle reti dei pescatori di Camogli venne invece trovato un misterioso pesce, di dimensioni ragguardevoli (circa cinque metri di lunghezza) e dalle squame variopinte. Del caso si interessò addirittura Jacques Cousteau che identificò l'animale come appartenente ad una sottospecie della famiglia dei pesci luna (Lampris luna): si trattava infatti di un Lampris regius che, pur essendo solito dimorare nella profondità degli abissi, per qualche strana ragione aveva evidentemente deciso di fare una capatina in superficie.
Nel 1986, sempre nelle reti dei pescatori camoglini rimase impigliato un rarissimo Marlin nero gigante (Makaira indica), del peso di oltre 180 chilogrammi, una specie che si trova abitualmente nelle calde acque degli Oceani Indiano e Pacifico e la cui testa e coda sono tuttora conservate nel Museo di Storia Naturale di Genova. Ma torniamo ai «mostri» veri e propri. Nell'estate del 1938, nei pressi di Sanremo, durante una mareggiata, un bagnante, tale Enrico Straforello, venne assalito e trascinato negli abissi - così sostennero alcuni testimoni - da uno squalo di almeno 10 metri di lunghezza. E nel 1939, al largo di Marsiglia (anche se alcuni sostengono che l'episodio si sia verificato presso il confine italo-francese, al largo della frazione di Latte), l'equipaggio di un peschereccio tirò a bordo uno squalo bianco della lunghezza di 7 metri, nello stomaco del quale venne trovato il corpo vestito e calzato di un soldato della Legione Straniera, con tanto di moschetto e baionetta. Mentre un anno più tardi, un poco più ad ovest, nelle tranquille acque del porto militare di Tolone, un marinaio intento a pitturare la fiancata di un cacciatorpediniere seduto su un travicello sospeso a quattro metri dalla superficie venne ghermito da «un enorme squalo lungo almeno 9 metri, sbucato improvvisamente dalle limacciose acque del bacino». Stando alle cronache, anche il tratto di mare tra la costa ligure, la Corsica e la Sardegna settentrionale sembra essere stato teatro di avvistamenti come si suol dire «da paura». Nel 1977, tra Stintino e Aiaccio, un pescatore sardo aduso alla caccia ai pescicani dichiarò di avere agganciato con un ancorotto uno squalo bianco di 13 metri di lunghezza che con un solo morso avrebbe tranciato un metro di murata della sua barca.

L'uomo, intervistato dal settimanale Oggi, dichiarò di avere in precedenza osservato il gigantesco animale (da questi battezzato «Maciste») aggirarsi a poche decine di metri dalla costa.

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