Cronaca locale

Quando la moschea apre nell'oratorio femminile

Nel dossier della Regione il paradosso della parrocchia di Trezzo

Quando la moschea apre nell'oratorio femminile

A Trezzo sull'Adda l'ex oratorio femminile di via Vittorio Veneto è inagibile da tempo. E per questo è stato negato agli scout e al corpo parrocchiale musicale che lo aveva chiesto per le prove. Però, durante il Ramadan, viene concesso agli islamici che si riuniscono in preghiera. Là dove sono stati pregati i santi, ora si invoca Allah. Gli edifici, ad uso commerciale/residenziale, sono luogo di «aggregazione temporanea». In sintesi si tratta di una moschea all'interno di una parrocchia. Questo uno dei casi più paradossali tra i 688 segnalati in Lombardia. Fra le moschee «mascherate» più assurde c'è anche quella di Casalmaggiore, nel Cremonese, ricavata nel retrobottega di una macelleria islamica, accanto a carni appese e banconi.

Ad Azzano San Paolo, in provincia di Bergamo, la preghiera del venerdì si fa in un ex deposito, un magazzino in cui in teoria ha sede un'associazione culturale. Ci sono mille forme di moschee, tutte abusive e fuori norma ma consolidate sul territorio. L'obbiettivo della regione Lombardia è mettere ordine. Ai sindaci della regione è stato chiesto di segnalare casi anomali. All'appello hanno risposto quasi in 700 ed ora il dossier regionale che sintetizza ogni caso, città per città, è stato inviato al prefetto. Nello specifico, ad Alessandro Marangoni è stato consegnato l'elenco dei sette casi della provincia di Milano, da Castano Primo a Cinisello Balsamo che, oltre ai luoghi di culto autorizzati, ne conta due del tutto abusivi per cui sono in ballo ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato.

«La sicurezza dei cittadini si conferma priorità del presidente Maroni - specifica l'assessore lombardo all'Urbanistica Viviana Beccalossi, autrice della cosiddetta legge anti moschee - La giunta ha fatto il punto sulle criticità emerse dalla mappatura dai luoghi di culto islamici presenti in Lombardia. Il quadro emerso dalla mappatura conferma tutti i nostri dubbi, ovvero che molti dei cosiddetti centri culturali islamici non sono altro che moschee non conformi alla legge regionale sulle attrezzature religiose. Valuteremo, per quanto di nostra competenza, come potrà essere posto rimedio a questa situazione di illegalità». Dopo che il prefetto avrà incrociato le informazioni presenti nel dossier con i dati in possesso della prefettura, il quadro sarà ancora più completo. E la politica, dal canto suo, provvederà ad affinare la legge. In sostanza si cercherà di mettere un argine alla situazione tipo: solitamente gli islamici affittano gli spazi e si registrano come associazioni culturali. Ma nei loro centri non si limitano a organizzare corsi di arabo o lezioni di storia. Pregano e si ritrovano in massa ogni venerdì. Usano come luoghi di culto aree che non sono adatte. A Castano Primo ci si è accorti delle anomalie durante i cantieri per costruire il presunto centro culturale e, notando un numero eccessivo di lavatoi in costruzione, ci si è resi conto che quella in costruzione era una vera e propria moschea. «Sono da approfondire circa 80 situazioni - spiega la Beccalossi - in cui macellerie, abitazioni private e magazzini verrebbero fatto già usati come moschee.

Per non parlare dei 'silenzi' da parte di molti comuni, primo fra tutti Milano, che si sono limitati a vuote risposte di cortesia, salvo poi costituirsi parte civile in azioni legali riguardanti, appunto, moschee abusive».

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