Cultura e Spettacoli

Quant'è difficile salvare "Distraction"

Il programma più criticato in onda attualmente sulle
reti generaliste si chiama Distraction (domenica
su Italia 1, ore 21), è condotto da Enrico Papi ed è un
quiz sadico di importazione anglo-americana: i concorrenti
impegnati a rispondere alle domande più
disparate vengono distratti attraverso disturbi che
assomigliano alle punizioni corporali, tipo scosse elettriche
sui pulsanti, spine di cactus sulle sedie, spruzzi
di acqua gelida, shampoo di uova sulla testa e via di
questo passo. Il fatto che sia criticato da tutti, e che
per stigmatizzarlo si siano mosse anche le firme più
impegnate nel nostro giornalismo, potrebbe far venire
la voglia di prenderne le difese e, per puro spirito
bastian contrario, di metterne in rilievo qualche elemento
controcorrente sfuggito all'orda moralizzatrice
che gli si è abbattuta contro. Anche volendo, però,
l'operazione salvataggio di Distraction non è facile, e
bastano pochi secondi di affannosa ricerca di qualche
elemento eventualmente riabiliatore per rendersi
definitivamente conto che, nonostante gli sforzi,
questo programma è effettivamente indifendibile e
merita tutto il male che ne è stato detto. Non solo per
la stupidità del contesto, per la sua chiassosità becera
e per alcune scelte di sceneggiatura davvero discutibili,
come quella di distruggere ogni settimana a colpi
di spranga e di trapano un'autovettura nuova riducendola
come quelle che si vedono alla fine di un week end sulle nostre strade rese tragiche dagli incidenti automobilistici che coinvolgono
un numero sempre maggiore di ragazzi. L'indifendibilità
di Distraction sta soprattutto nell'atmosfera
di effervescenza coatta che è uno degli aspetti
più tristi della televisione moderna, fatta di schiamazzi
e risate senza senso che fanno presto a trasformarsi
in malinconia senza scampo. Gli innamorati della
filosofia bastian contraria potrebbero eventualmente
attaccarsi solo a una riflessione marginale, legata
al fatto che in questa trasmissione la smania di chi
vuole farsi vedere a tutti i costi in televisione reclama
se non altro un doloroso pedaggio: l'idea che i partecipanti
debbano subire delle punizioni corporali e una
buona dose di umiliazioni a fronte della loro voglia di
apparire, e almeno per qualche attimo urlino perché
pizzicati da una scossa elettrica, o debbano subire
l'odore di ascella dei compagni nudi come loro rinchiusi
in una cabina, ecco, se non altro tutto questo
assomiglia a un costo da pagare, a un monito didascalico
contenente qualche grammo di pedagogia spicciola.
Vuoi andare a far lo scemo in tivù, fingendo che
lo spettacolo sia chissà quanto divertente e giocoso?
Accomodati, ma almeno sappi che non sarà gratis.


Peccato solo che certe punizioni corporali non tocchino
anche al conduttore e agli autori.

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