Cultura e Spettacoli

Quanto ci manca l'ironia di Granzotto

Quanto ci manca l'ironia di Granzotto

Sembra ieri, ed è già passato un anno da che ci tocca vivere senza i sarcasmi, l'irriverenza, la pungente ironia di Paolo Granzotto.

Ancora ci mancherà quel suo modo, garbato e signorile, di commentare i fatti del giorno dal suo «angolo». Se ne stava a Torino, negli ultimi anni, e dal suo tavolo da lavoro lasciava partire la sua freccia al curaro dalla cerbottana elettronica di cui con entusiasmo si era ultimamente dotato, dopo che per anni, noi che eravamo cresciuti alla scuola di Montanelli, non pensavamo più di poter «tradire» la vecchia Olivetti, la storica lettera 22. Cominciammo insieme, al Giornale, nel '74. Lui già professionista, con un'esperienza al Messaggero alle spalle; io uno dei tanti collaboratori che cercavano l'agognato contratto. Finimmo sullo stesso banco, a fare gli inviati per l'estero e a volerci bene, alternandoci nei primi anni Ottanta a Beirut e dintorni, quando il buon Yasser Arafat, capo dell'Olp, sembrava il diavolo; e nessuno poteva immaginare che poi, dopo gli Osama Bin Laden, il mullah Omar, capo dei talebani, e le bandiere nere dell'Isis, il vecchio Arafat avrebbe fatto nel ricordo la figura del vecchio zio un po' svanito.

Paolo era figlio d'arte. Suo padre, Gianni, era stato con Montanelli, Bettiza, Piovene, Trionfera e gli altri, tra i fondatori del Giornale. Ma non fece mai pesare su nessuno i suoi «quarti di nobiltà» giornalistica; neanche quando Montanelli lo chiamò accanto a sé, quando si trattò di dare alle stampe quel Sommario di Storia d'Italia, dall'Unità ai giorni nostri al quale Paolo dedicò più del tempo che sarebbe stato strettamente necessario, volendo strappare al direttore quel ghigno compiaciuto che valeva una promozione sul campo, quando arrivava da Lui. Al Giornale si accollò l'eredità di Montanelli quando quest'ultimo abbandonò la sua creatura. Ironico, irriverente, odiatore compulsivo dei luoghi comuni e del politicamente corretto, andava dritto come un cane da presa al punto, senza melensaggini e ipocriti giri di parole.

Per i lettori, e per noi tutti, una goduria quotidiana.

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