Stile

Quattro geni e una collezione

Quattro geni e una collezione

«Definire genio uno stilista solo perché ha avuto una buona idea mi sembra una cazzata» dice Cathy Horyn, cattivissima ma intelligentissima giornalista americana, critico di moda del New York Times fino al 2014 e dal 2015 critico in generale di The Cut, rivista online del New York Magazine. In effetti a volte si esagera: l'iperbole regna sovrana soprattutto sui social media dove qualunque immagine postata da designer come Alessandro Michele viene salutata come l'arrivo del Messia oltre che con l'inutile violenza degli haters.

A volte, però, gli stessi stilisti sentono il bisogno di confrontarsi con altri creativi (soprattutto artisti) da cui ottengono una specie di viatico per l'immortalità. Tra i primi esempi di queste prestigiose collaborazioni c'è il celebre abito-aragosta creato nel 1935 da Salvador Dalì per Elsa Schiaparelli. Coco Chanel diceva invece che la moda non è arte, deve morire e morire presto perché viva il commercio. Ciò nonostante la Grande Mademoiselle ha lavorato con ogni genere di artista, perfino con Cocteau da cui fece elaborare una sorta di vocabolario delle parole da usare per gli abiti. Andy Warhol in quanto padre della pop art fu il primo e il più grande teorico di questo tipo di contaminazioni. Ancora oggi le sue opere nobilitano ogni genere di prodotto, perfino le scarpe Converse che non sono certo oggetti lussuosi sul cui modello Chuck Taylor All Star compare la celebre banana creata nel 1967 e già usata come cover di un disco dei Velvet Underground.

Su questa scia popolare di nome e di fatto anche le collaborazioni di Keith Haring con Fiorucci e di Jeff Koons con H&M per l'inaugurazione del negozio di New York nel 2014. L'ex marito di Cicciolina ha recentemente creato per Louis Vuitton la collezione di borse Masters che non è nemmeno paragonabile ai meravigliosi lavori fatti per la stessa griffe ai tempi di Marc Jacobs da Takashi Murakami oppure da Yayoi Kusama, la regina dei pois. Formidabile anche il lavoro di Sterling Ruby per Raf Simons da Calvin Klein. Ma il vero colpo di genio è quello di Prada che invece del solito artista più o meno noto, più o meno quotato, ha chiamato quattro menti creative di fama internazionale per disegnare, ognuno a suo modo, un unico prodotto. Conditio sine qua non l'utilizzo dell'iconico tessuto Black Nylon che alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso ha traghettato il brand in una specie di empireo dello stile. I quattro della «sciura» Miuccia sono in realtà sei perché nella prestigiosa compagine di firme compaiono due coppie creative (gli architetti Herzog & de Meuron oltre ai designer Ronan ed Erwan Bouroullec) oltre all'ebanista Konstantin Grcic e all'architetto Rem Koolhaas. Quest'ultimo ha progettato uno zaino frontale e anche Grcic ha lavorato su oggetti mutanti come il gilet da pesca oppure il grembiule-cappuccio. Invece i fratelli Bouroullec hanno rielaborato le cartelle per disegni degli studenti di architettura, mentre sul lavoro di Herzog & de Meuron non si riesce a sapere niente, la risposta ufficiale è: «Gli oggetti verranno presentati durante la sfilata uomo di Prada domenica sera».

Inevitabile parlare di genialità: non si capisce di cosa si tratti neanche guardando i disegni.

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