Roma

Quattro romeni in manette: avevano un potente esplosivo

I carabinieri del Ris stanno analizzando la «pentrite» trovata in un vecchio casolare a Ponte Mammolo

È il salto di qualità della mala romena. Dai bancomat clonati, agli sportelli automatici di istituti di credito fatti saltare in aria, fino all’assalto ai furgoni portavalori. Per i carabinieri della compagnia Casilina che l’altra notte hanno fatto irruzione in un casolare abitato da quattro romeni a Ponte Mammolo, non ci sono dubbi: il detonatore a miccia di 6 millimetri di diametro e i 40 grammi di «pentrite flemmatizzata», un plastico potentissimo, trovati all’interno del vecchio edificio abbandonato sulla Palmiro Togliatti servivano alla banda per organizzare un colpo. Forse l’ennesimo.
Bisognerà accertare, innanzitutto, se i quattro c’entrino qualcosa con la scena da «Far west» scatenata il pomeriggio del 22 ottobre scorso a La Rustica, quando un commando di malviventi incappucciati aprì il fuoco tra la folla contro un blindato della «Sipro Security» che aveva preso in custodia 200mila euro dal Credito Cooperativo, per fortuna senza feriti e fallendo il raid.
Oppure se i volti degli arrestati, tutti tra i 39 e i 40 anni, corrispondano al quadro morfo-somatico di alcuni dei cinque uomini che la mattina del 31 luglio, pistole e kalashnikov in pugno, attirarono in trappola le guardie giurate della «Deltapol» nell’area di servizio «Casilina interna» sul Raccordo anulare portandosi via i 130mila euro appena prelevati dalla cassa continua.
Insomma, un bel rebus per gli investigatori del maggiore Mauro Conte che, intanto, hanno passato di mano il materiale sequestrato ai colleghi del Ris, il raggruppamento scientifico dei carabinieri, perché studino in laboratorio la specificità e la compatibilità dell’esplosivo con precedenti incursioni criminali nella Capitale e dintorni.
Già, perché non bisogna tralasciare episodi come quelli dell’Axa, del 6 ottobre, o di Latina (24 ottobre). Nel capoluogo pontino era stato Vincenzo Del Vicario, segretario nazionale del Savip, sindacato di vigilanza privata, a rilanciare l’allarme: «A solo due giorni dall’assalto di via La Rustica, ecco che una guardia è stata ferita in un altro colpo al portavalori».
Mentre un boato assordante all’inizio del mese scorso svegliò nel cuore della notte il centro residenziale di parchi e villette tra l’Eur e il mare. Qualcuno aveva imbottito di gas esplosivo il bocchettone d’entrata delle schede magnetiche dei due sportelli bancomat della filiale Intesa San Paolo di via Eschilo. Poi, con due inneschi piazzati ad arte aveva provocato il «botto».
Risultato? La banca semidistrutta e i cassetti pieni zeppi di banconote per migliaia di euro, rastrellati in un baleno. La pentrite, l’esplosivo scovato ieri a Ponte Mammolo, è un plastico capace di sbriciolare parabrezza blindati e vetri antiproiettile; oppure perfettamente in grado di scardinare impianti metallici o porte corazzate.
Più sensibile del classico Tnt, il Petn - la sua sigla - può anche essere usato per rinforzare munizioni di armi di piccolo calibro; viene solitamente utilizzato nelle cave e i militari lo impiegano per sminare i campi minati: la polvere al contatto fa brillare le mine lungo una striscia di territorio creando così un corridoio sicuro su cui passare.
Insomma, gli specialisti della clonazione di carte e bancomat - settore di cui hanno praticamente il monopolio - ora sarebbero passati alle maniere dure.

A suon di piombo e cariche esplosive.

Commenti