Politica

Quei cattolici progressisti fuori dal tempo

La sinistra, avendo vinto, ma di stretta misura, le elezioni, dimostra un ritardo culturale non avendo più idee all'altezza dei tempi. Cercherò di dimostrare questa tesi con due articoli iniziando con uno sui cattocomunisti. La definizione di cattocomunista non mi sembra molto felice perché del marxismo non accetta l'autentica versione rivoluzionaria, salvifica, ma il comunismo aziendale che si ha dopo Nikita Krusciov.
Per capire i cattolici che hanno votato a sinistra bisogna partir dall'eredità di Giuseppe Dossetti. Dossetti fu sempre un «antifascista irriducibile» e, secondo le varie fasi della sua vita, come politico fu contrario al Patto Atlantico e quindi all'America, poi come cittadino fu duro avversario di Berlusconi, nel 1974 infine, come monaco in Terra santa, risultò freddissimo con Israele. Il dossettismo si è formato a Bologna. Li ho conosciuti o come colleghi all'università (Achille Ardigò) o nell'ambito del Mulino: Pietro Scoppola mi subentrò come direttore della rivista e dopo tre anni gli successe Arturo Parisi. Insieme furono presenti alle riunioni dal Mulino Romano Prodi, Leopoldo Elia, Luigi Pedrazzi. Poi nel 1978 arrivò Riccardo Franco Levi. La prima polemica nacque sulla presenza nell'università degli studenti di Comunione e liberazione. La sinistra voleva emarginarli, io ritenevo che bisognasse trattarli come gli altri studenti dato che eravamo professori universitari.
Ecco cosa pensava Dossetti in un colloquio con Elia e Scoppola del 1984 (pubblicato poi dal Mulino nel 2003): c'è una critica al Papa che appoggiava movimenti come Comunione e liberazione con il quale, secondo Scoppola, è impossibile dialogare. Ma il fenomeno, secondo i dialoganti, per le sue interne contraddizioni era destinato ad esaurirsi. Ma don Luigi Giussani ha interpretato il nostro tempo meglio dell'Azione cattolica. Tutti l'hanno visto dall'imponente funerale di don Giussani del 22 febbraio 2005: inviato dal Papa era presente il cardinale Joseph Ratzinger.
I cattolici di sinistra non erano riusciti a capire il nostro tempo e ora vivono nella difficoltà di andare d'accordo con una sinistra laicista desiderosa di votare leggi in contrasto con i valori morali della chiesa (ad esempio i Pacs). Sul fronte religioso Dossetti, che aveva lavorato presso il Concilio vaticano II assieme a Giuseppe Alberigo, accettò la definizione di «partigiano del Concilio». Egli voleva difendere l'autonomia degli organi istituzionali della Chiesa (un Concilio dei vescovi) e un'autonomia dei cristiani nelle attività politiche temporali e sociali, per limitare il potere del Papa al quale spettava solo il compito della proclamazione dei dogmi. Tutta l'intervista mostra una non simpatia per il «Papa polacco», ma è ormai certo che Papa Joseph Ratzinger segua le sue orme.
Continuatore di don Dossetti, sempre a Bologna, è Giuseppe Alberigo con l'Istituto per le scienze religiose: ha cominciato a curare una monumentale Storia del Concilio vaticano II, edita dal Mulino. Subito è risultato che non è in armonia con le posizioni ufficiali della Chiesa, ma all'Istituto fanno capo tutte le correnti del dissenso post-conciliare che ora hanno nel cardinale Carlo Maria Martini il loro portavoce.


I cattolici di sinistra sia sul piano politico, sia sul piano religioso, sono fuori dal nostro tempo storico.

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