Economia

Quei consumatori che credono solo alle brutte notizie

Le organizzazioni legate a Pd e Italia dei valori ora attaccano l’Isae perché segnala dati positivi. Adusbef e Federconsumatori enfatizzavano invece i sondaggi negativi

Quei consumatori che credono solo alle brutte notizie

Mentre il governo si appresta a chiedere la fiducia al Parlamento, sale l’indice di fiducia dei consumatori italiani che, nella rilevazione mensile dell’Isae, in settembre, ha fatto un grosso balzo avanti, rispetto ad agosto, passando da 104,1 a 107,2: un aumento del 4%. Il livello di 100 è quello di base, in cui non vi è né fiducia, né sfiducia. Il miglioramento riguarda soprattutto la situazione personale, il cui indice passa da 116,4 a 121,5, un livello alto che contrasta con quello dell’opinione sul quadro economico generale, la cui valutazione continua a essere negativa. Anzi questa opinione presenta un limitato peggioramento, perché passa da 81 a 80,6.
Queste due divergenti valutazioni, positiva e in crescita per la situazione personale, e negativa per il quadro economico generale, risultano confermate dal divario tra quella positiva e in miglioramento del mercato del lavoro, che passa da 113,2 a 115,4, e quella negativa sull’economia italiana in futuro e sulle opportunità attuali del risparmio.
L’aumento netto dell’indice di fiducia dei consumatori ha fatto arrabbiare Federconsumatori e Adusbef, organizzazioni collegate al Pd e all’Italia dei valori, che vorrebbero notizie negative sulla fiducia degli italiani, per potere continuare a sostenere che il governo in carica non va, non ha fatto nulla per porre rimedio agli effetti dannosi della crisi internazionale e per i problemi occupazionali e del costo della vita. Ma queste due organizzazioni, che adesso sostengono che l’Isae (l’Istituto pubblico di analisi e previsioni economiche) ha fatto una rilevazione politicizzata per fare propaganda al governo, si contraddicono. Infatti hanno ampiamente utilizzato le indagini di questo Istituto, quando le sue rilevazioni, come è accaduto nel 2009, segnalavano un quadro molto brutto. E anche quest’anno, in cui il quadro è in netto miglioramento, quando ci sono state flessioni mensili momentanee nel trend dell’indice di fiducia dei consumatori, Federconsumatori e Adusbef le hanno pubblicizzate con grande clamore, esagerandone la portata. Si tratta di corvi che gracchiano, per i loro fini politici, in contrasto con la pubblica opinione: mentre le notizie brutte e negative vengono esaltate e ripetute, quelle buone vengono ignorate. Così, a esempio, quella che emerge dalla rilevazione Isae per cui, dal punto di vista territoriale, la fiducia dei consumatori è in crescita in particolare nel Mezzogiorno: area che, solitamente, viene additata dall’opposizione, ma ora anche da Fli, cioè dal gruppo finiano, come la parte della nazione che questo governo trascurerebbe particolarmente. Ma la rilevazione Isae per cui al Sud c’è un più accentuato miglioramento della fiducia dei consumatori, trova un parallelo nella rilevazione Istat sui conti economici territoriali nel 2009.
Lo scorso anno il nostro prodotto nazionale ha subito, nelle rilevazioni ufficiali, una flessione media nazionale del 5%. Ma essa è più accentuata nel Nord-Ovest, dove il Pil è diminuito del 6%, e nel Nord-Est dove è calato del 5,6% rispetto al Sud, dove il calo è stato del 4,3% (stima probabilmente esagerata dalla riduzione della produzione agricola, che nel Mezzogiorno sarebbe scesa del 4,7%, mentre nel Nord-Ovest è calata dello 0,6% e nel Nord-Est è salita dello 0,5% dato che la crisi internazionale non riguarda tale settore). Nel Centro il calo ufficiale del Pil, nel 2009, è stato del 3,9% (anche qui con una misteriosa flessione dei prodotti dell’agricoltura del 7,3%!). C’è poi un dato molto interessante che contribuisce a spiegare perché, nonostante il brutto periodo della crisi, ora parzialmente superata, le famiglie presentino indici di fiducia positivi. Ed è che per abitante la flessione del Pil, misurato a prezzi costanti, non è del 5%, ma del 3,7%: e ciò per una ragione che avevo in precedenza segnalato, cioè che i prezzi delle importazioni sono scesi più di quelli delle esportazioni e gli immigrati sono diminuiti e, quindi, il potere di acquisto unitario del prodotto nazionale dei residenti è aumentato, attenuando la riduzione per abitante del Pil dovuta alla diminuzione del suo volume globale. Al Sud, così, il calo del Pil per abitante è solo del 2,7%, e nel Nord-Ovest e Nord-Est, maggiormente colpiti dalla crisi, del 4,5%.
Le retribuzioni lorde sono aumentate più dei prezzi e i redditi delle famiglie hanno subito una flessione minore di quella del Pil grazie anche agli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e altri sostegni) del governo. Il quadro che ho fatto, forse, ha un eccesso di numeri. Ma volevo dimostrare che le basi della fiducia delle famiglie ci sono.

E che a esse ha dato un contributo positivo il modo come il governo ha traghettato l’Italia nella tempesta della crisi mondiale.

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