Guerra Libia

Quel veleno antisemita che soffoca la voglia di libertà

Anche quando il mondo arabo si batte per un futuro diverso il problema sembra sia far fuori Israele

Quel veleno antisemita che soffoca la voglia di libertà

C'è qualcosa che ci impedirà, consegnandoci a ciecamente all' ignoto, di capire dove conducono le onde della più grande rivoluzio­ne dopo quella anticomunista cui abbia assistito il nostro mondo. É un dannato stupido pregiudizio che ha colori diversi, toni sganghe­rati e toni paludati, che si nutre di menzogne naziste o di raffinate ideologie pacifiste o di luoghi co­muni, ma che ha un focus strategi­co unico: dare addosso a Israele e immaginare che il conflitto con i pa­­lestinesi sia il vero problema del Medio Oriente. Non la libertà dei popoli, o il loro benessere, o il loro progresso verso la modernità. No. Israele, che deve essere spazzata via dalla mappa. Questa invenzione è stata sem­pre l'arma migliore per i vari rais, da Saddam a Gheddafi a Assad e in Iran per Ahmadinejad. E adesso, ci siamo di nuovo. L'alibi Israele è di nuovo l'arma di consenso che può stravolgere ogni processo di moder­nizzazione. I Fratelli Musulmani di fatto hanno riproposto la loro can­didatura ufficiale in Egitto quando lo sceicco Yusuf Kharadawi ha pro­posto a un milione di persone sulla piazza Tahrir la presa di Gerusa­lemme. Urla di gioia, e nessuno che in Occidente abbia sollevato un so­pracciglio. Ha subito capito la lezio­ne, e non gli era difficile dato il suo record assoluto di odio antisraelia­no, il maggiore pretendente al ruo­lo di presidente, Amr Mussa, stori­co faraone della Lega Araba. Ha aperto la campagna dicendo che il suo rapporto con Israele non è quel­lo che aveva Mubarak e che la lob­by ebraica cospira per impedirgli di accedere al ruolo desiderato. Dallo Yemen viene un'altra tipi­ca teoria della cospirazione: il presi­dente Ali Abdullah Saleh ha accusa­to Israele e gli Usa di fomentare la rivolta contro il suo regime. Anche la folla rigurgita tutto il veleno anti­semita che gli è stato inoculato in questi anni: durante le manifesta­zioni i leader sono stati violente­mente accusati di collusione con Israele, Mubarak è stato ritratto con parecchie stelle di David sulla fronte; a Bengasi e a Tripoli la folla ha persino gridato «ebreo» a Ghed­dafi. L'antisraelismo, con tinte vivacis­sime di antisemitismo (prego, visi­tate «Memri», un sito di documenti arabi tradotti) è stato la maggiore bandiera che celava la sofferenza araba da quando il nasserismo indi­cò alla piazza la strada poi seguita da tutti i tiranni mediorientali: ado­ratemi, era l'indicazione di Nasser, come un semidio, fatemi sentire l'urlo compatto della vostra ammi­razione. Io vi affamerò, vi sfrutterò, nutrirò schiere di cortigiani che vi deruberanno del vostro denaro e di poliziotti che proibiranno le vostre idee, ma in cambio vi prometto di ristabilire il potere del mondo ara­bo e musulmano abbattuto dalla congiura occidentale. La prima tappa, la più importan­te, la principale, non è quella della libertà e della giustizia: essa è fuori dei confini. Consiste nel cacciare dalla nostra humma , la nostra ter­ra, gli ebrei, figli di cani e porci, e ristabilire la giustizia per i fratelli palestinesi. Moltissime invenzioni propagandistiche sono state fatte a sostegno i questa tesi: topi e avvol­toi sionisti telecomandati, bambi­ni uccisi intenzionalmente, organi di palestinesi uccisi espiantati dai soldati israeliani. Ed è nato un au­tentico culto dei terroristi suicidi, gli shahid . Ogni terrorista antiocci­dentale è stato glorificato, in Libia come in Iraq e in Libano o in Siria. La criminalizzazione ha convinto i popoli mediorientali che Israele è nient'altro che il frutto di una cospi­razione imperialista, il più grande dei problemi in un mondo enorme depauperato dai suoi tiranni. E noi europei, ci stiamo. La signo­ra Ashton, ministro degli esteri dell' Ue, non accorgendosi che i popoli che visitava soffrivano sotto il tallo­ne dei loro tiranni, ha pronunciato la parola libertà solo per parlare dei palestinesi. Il ministro degli Esteri del Lussemburgo in visita a Gerusa­lemme, ha ripetuto come un volati­l­e ammaestrato che per lui il proble­ma più cruciale del Medio Oriente e quello israelo-palestinese, e che solo Israele è da biasimare per la sua mancata risoluzione; Obama, in un incontro alla conferenza dei presidenti delle organizzazioni ebraiche negli Usa, sembra seguita­re a pensare che sia cruciale qual­che casa costruita a Gerusalemme mentre il Medio Oriente brucia. Non è sospetto che un mondo indif­­ferente alla sofferenza di centinaia di milioni di persone adotti come immagine dell'oppressione l'unica democrazia del Medio Oriente? Il leader della Nazione dell'Islam Louis Farrakhan, visto che gli Usa e la Nato potrebbero decidere per misure militari contro Gheddafi, ha già ricominciato: «Gli ebrei e la lobby sionista, che dominano il go­verno americano e le banche, stan­no spingendo gli Usa verso una nuova guerra. Il mio lavoro e di sco­prire le trame di Satana in modo che non inganni voi e i popoli di tutto il mondo di nuovo». Risponderemmo alle solite creti­nate di Farrakhan con una smorfia di noia. Invece non si può, trovano credito, diventano politica sia nel mondo musulmano che in quello liberale. Così fu ai tempi della guer­ra in Iraq, così è per l'Afghanistan. Se lasciamo che questa immensa vicenda mediorientale venga am­morbata dalle solite aggressioni a Israele, dure e morbide, i primi a risentirne saremmo noi: esse han­no consentito di opprimere centi­naia di milioni di persone.

Oggi possono guidarle all'estremismo e alla guerra.

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