Politica

Quella legge che penalizza Mediaset

Ieri l’Antitrust ha ufficialmente sostenuto che il presidente del consiglio violerebbe le norme della legge sul conflitto di interessi. Il motivo è semplice: a Silvio Berlusconi il decreto Milleproroghe attribuisce il potere dopo il 31 marzo di prorogare o meno la norma che vieta l’incrocio tra stampa e tv. C’è più di una ragione in ciò che ieri ha detto l’Antitrust. Ma il bersaglio è sbagliato. Berlusconi è in conflitto di interessi, ma è stato, anche se involontariamente, il Quirinale a stringerlo in un angolo bocciando la prima versione del Milleproroghe. La materia è ingarbugliata, ma vale la pena seguire brevemente questa storia. Facciamo dunque un passo indietro.
La legge Gasparri prevedeva il divieto per chi avesse più di due reti televisive analogiche a diffusione nazionale di possedere partecipazioni nella carta stampata. Un divieto assoluto di incroci tra etere e tipografie. La norma scadeva il 31 dicembre del 2010. Per il semplice motivo che per quella data il panorama televisivo grazie al digitale terrestre e alle evoluzioni della tecnologia sarebbe mutato.
All’avvicinarsi della scadenza della norma Gasparri, l’Authority per le comunicazioni guidata da Corrado Calabrò ha segnalato al governo la necessità di prendere atto del mutato scenario televisivo. E in particolare del fatto che oggi esso è tripartito: digitale terrestre, il satellite dove opera Sky e l’Iptv e cioè la televisione via cavo, stile Telecom. La segnalazione dell’Agcom, votata all’unanimità, invitava l’esecutivo a procedere senza indugio nel ribadire il divieto di cross ownership (tv che comprano giornali) tenendo però conto delle tre diverse piattaforme. Il governo, dopo una prima frettolosa norma contenuta nella Finanziaria per tamponare la situazione, aveva dunque previsto un intervento legislativo complesso nel famoso decreto Milleproproghe (in effetti uno zibaldone di norme poco coerenti le une con le altre). La previsione governativa era semplice: chiunque avesse una quota superiore all’8 per cento del Sistema integrato delle Comunicazioni (il Sic introdotto della Gasparri vale circa 24 miliardi di euro e rappresenta il valore economico dell’industria dei media) non poteva avere partecipazioni incrociate in tv e giornali. Una norma che impediva a Mediaset, alla Rai, alla Telecom e a Sky di detenere quote nella carta stampata. Il divieto dunque veniva ribadito e innalzato fino al 2012, comprendendo in esso tutti e quattro i grandi operatori media.
Ricapitolando. Il governo su invito bipartisan dell’Agcom (se così si può definire il parterre di un’Authority indipendente, ma decisa dalla politica) aveva nel decreto Milleproroghe ribadito il no assoluto alla commistione giornali-tv. C’è che il Quirinale per sue ragioni formali ha cassato questa prima versione del decreto Milleproroghe e in buona sostanza ha eliminato il divieto agli incroci. Nella seconda versione, quella oggi contestata dall’Antitrust, il governo ha dovuto eliminare ogni riferimento al Sic (non gradito al Quirinale) e ha ribadito solo fino al 31 marzo di quest’anno il medesimo divieto della Gasparri, se non che rivolto solo a quei soggetti che hanno più di una televisione in ambito nazionale.
Il pasticcio è diventato colossale. Berlusconi viene oggi tacciato di essere in conflitto di interessi, ma il paradosso è che ciò avviene per la bocciatura che ha subito la sua prima legge da parte del Quirinale. E per cui ci fu il plauso delle opposizioni. Minoranza che d’altra parte non sembra scandalizzarsi del fatto che con le attuali norme l’unico operatore televisivo che possa ragionevolmente acquisire carta stampata (e si parla con insistenza di interessi sull’Espresso) sia il gruppo Sky-Murdoch. Infatti oggi il gruppo straniero può fare come gli pare, è esentato da ogni vincolo.
Quella del Milleproroghe è con tutta evidenza una norma ad personam: volta a penalizzare Mediaset. O, se si preferisce, a farle combattere una battaglia con Sky ad armi impari.

Tutto il resto è propaganda.

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