Politica

Quella partita con Tardelli?

In questo caso il calcio non è solo un gioco. È un trauma bell’e buono. È come quando Keanu Reeves in Matrix scopre che tutte le sue certezze sono solo un software ficcatogli in testa. Allo stesso modo, scoprire che Walter Veltroni non ha mai giocato a calcetto a Sabaudia con Tardelli, ci apre un mondo nuovo. È la dura realtà: un mito che crolla. Uno dei tanti del pantheon veltroniano, quella sorta di cioccolateria fatta di notti bianche, musei, feste del cinema, bioparchi, medaglie ai vecchietti, eroi extracomunitari, barboni picchiati, film d’annata, ex partigiani e figurine Panini. Ebbene, in questa mielosa galleria la partitella con Tardelli sulle sabbie laziali era un capitolo fondamentale. Oddio, il fatto che dell’evento sportivo non sia mai pervenuta testimonianza fotografica, avrebbe già dovuto farci riflettere. A polverizzare il sogno adesso ci hanno pensato Giorgio Dell’Arti e Massimo Parrini, che nel loro Catalogo dei Viventi staccano la spina come in Matrix: la realtà è che il match sull’arenile non c’è mai stato. «La storia è falsa - racconta Tardelli - a Sabaudia giocavano lui e D’Alema. Li ho guardati e basta. Non volevo farli sfigurare... ». Ora, come la mettiamo? Dobbiamo dedurre che Veltroni (pur giocando in porta) era così concentrato sulla tattica da non accorgersi che in realtà Tardelli aveva i baffi e somigliava molto a D’Alema. Una sorta di allucinazione balneare. Uno sogna che dall’acqua esca improvvisamente Angelina Jolie; Veltroni sogna che dal baretto sulla spiaggia esca improvvisamente Tardelli con il suo celebre urlo mondiale e due mohito. E pensare che della famosa partitella Walter ha menato vanto fino allo sfinimento: a sentir lui, quello non era mica l’incontro della domenica scapoli-ammogliati, yes weekend. No, era un’icona da consegnare ai posteri. Un po’ come la mano di briscola tra Pertini e Bearzot dopo il mundial ’82: episodi che segnano un personaggio. Ma se poi si rivelano bufale, come in questo caso, allora il personaggio diventa semplicemente l’allenatore nel pallone, un ganassa che le spara grosse.
E in effetti, quanto a sparate, la cartucciera di Walter è come la borsa di Mary Poppins: inesauribile. Basti ricordare la schioppettata su Alitalia: «L’accordo con la Cai è tutto merito mio», disse appena tornato da New York. Come no. Oppure la cannonata di quest’estate in vari salotti televisivi: «È sicuro: rompo con Di Pietro». Come no: stiamo ancora aspettando (casomai è Di Pietro che sta rompendo lui). Per non parlare poi della bomba atomica nel salotto di Fabio Fazio, gennaio 2006, quando promise di fuggire in Africa: «Non si può fare politica a vita». Come no: in Angola lo attendono ancora a braccia aperte. Di questo passo, sparata dopo sparata, Veltroni arriverà a sostenere, chissà, che il leader del Pd è lui e non D'Alema. Come dite? L'ha già fatto? Ecco, appunto.
Ma sbugiardato su Tardelli al mare: che peccato. Quella partitella era una parte di lui, della sua identità politica. Come tanti altri aneddoti di dubbia veridicità. Nel 2001, visitando una scuola, Veltroni raccontò la sua vita da discolo: «Centrai in fronte il preside con il cancellino, lui mi chiese “chi ti credi di essere?” e io risposi “Sono James Bond”. Mi piace pensare - chiude Walter - che da quel mio gesto ebbe inizio il ’68». Ora, a parte il fatto che un cancellino stampato sul preside non dovrebbe essere propriamente motivo d’orgoglio, ma il punto è un altro: Veltroni nel ’68 aveva 13 anni, non era neanche in età da liceo. Cos’era: il bambino prodigio? O il liceo classico di Matrix? E allora, proprio come il protagonista del film fantascientifico, a questo punto vale la pena porsi una domanda: ma chi è Veltroni? Cioè: Veltroni è veramente Veltroni? È il Veltroni che conosciamo o quello che crediamo di conoscere? Pensiamoci: oggi scopriamo che non ha mai fatto un cross a Tardelli e che a 13 anni faceva già il liceo. Domani scopriamo che non è mai stato iscritto al Pci, che è nipote di Almirante, che tiene al Torino e non alla Juve, che il cinema gli fa ribrezzo e preferisce dipingere nature morte e che ha sempre odiato visceralmente le figurine Panini, specialmente quella di Pizzaballa. Poi dopodomani scopriamo che non è romano, che non è neanche italiano, che è nato e vissuto sul lago di Lugano, che non gli piace la carbonara ma va matto per i wurstel con i crauti e che è favorevole all’annessione del canton Ticino alla Germania. Del resto non dimentichiamo che da sindaco, per non creare confusione tra i dipendenti comunali, andò all’anagrafe a farsi cambiar nome: da Valter, a Walter. Col senno di poi, ci sorge un dubbio. E se non fosse stata la prima volta? Forse da giovane si chiamava Uòlter Ueltrons e di mestiere faceva il mandriano di bufali in Kentucky. O magari si chiamava Waltz Veltronen, violoncellista a Francoforte. Magari quella di leader del Pd è solo una copertura. Proprio come James Bond che estrae un cancellino dalla tasca, con licenza di uccidere.

La sinistra.

Commenti