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Quelle telefonate a Consorte rischiano di far saltare il Pd

Le conversazioni tra i manager e i vertici ds che saranno rese note domani potrebbero compromettere i rapporti Quercia-Margherita e la nascita del Partito democratico

Quelle telefonate a Consorte rischiano di far saltare il Pd

Sedetevi comodi, domattina lo psicodramma dei ds entra nel vivo. A Milano gli avvocati leggeranno e trascriveranno le telefonate dell’affaire Bnl. Tra le altre, le chiacchierate del luglio 2005 tra Gianni Consorte di Unipol e i vertici della Quercia nei giorni caldi della scalata delle coop rosse a Bnl. Chi si aspetta che Massimo D’Alema, Piero Fassino, il tesoriere Ugo Sposetti siano lì a tessere trame illegali per far cadere Bnl nella rete della finanza rossa, si sbaglia. Non c’è rilevanza penale per la nomenklatura del partito di governo. Ma non è questo che allarma i ds. Il motivo di tanta ansia, ben misurata dalle reazioni istintive all’inchiesta dell’attento Paolo Colonnello sulla Stampa solo qualche giorno fa, ha cause più recenti. Cause che si riversano in un contenitore che si chiama Partito democratico. Che nasce claudicante, zoppo. A chi ha già sentito attentamente tutte le conversazioni, parliamo soprattutto di investigatori, è balzato all’occhio la faida interna che all’epoca montava tra gli interlocutori di Consorte, tutti d’osservanza diessina. Parlando con l’ingegnere di Chieti tra loro si smarcavano, lo pregavano magari di non farsi sfuggire niente con Fassino ’o spilungone, di stare attento che il compagno Tizio è una testa di c... mentre il compagno Caio manco parla bene e flirta con chi non deve. Assente quindi la lettura penale delle conversazioni, ma che secondo la procura offre una cornice politica che inquadra le relazioni di Consorte, tanto da chiedere l’utilizzazione alle Camere. Lo psicodramma si nutre quindi di diversi affluenti. Il primo: le telefonate creeranno fratture all’interno del Pd, alimentando uno scontro che indebolisce fortemente i ds. Secondo: si riapriranno ferite malcucite specie con gli amici della Margherita. Chissà infatti che dirà Arturo Parisi che annunciava «il ritorno della questione morale». Acuirà fratture scomposte come quelle con Luca Cordero di Montezemolo, bistrattato da Piero Fassino. E si rivitalizzeranno, soprattutto per le parole del segretario, i malumori tra ds e Banca Mps. Del resto Fassino ragiona con Consorte da segretario politico che vive con passione un’operazione amica («Allora siamo padroni di una banca?», «Allora prima portiamo a casa tutto»). Per questo rilascia interviste a sostegno, improvvisa strategie comunicative con l’ingegnere, si lamenta degli articoli del Sole24Ore. D’Alema assume un profilo diverso. Il primo a chiamarlo in causa era stato addirittura, in un libro, Marco Travaglio. Nell’autunno scorso disse che nelle conversazioni tra Massimo e Gianni, il leader avrebbe avvertito Consorte che questi aveva il telefono sotto controllo. D’Alema non smentì. E tutti s’aspettano ora di leggere i testi delle telefonate. Staremo a vedere. Di sicuro tra Massimo e Gianni corre un rapporto più profondo che tra Fassino e Consorte. Tanto da spingere D’Alema a chiedere che la cordata Unipol rilevi, come anticipato qualche settimana fa dal Giornale, la quota in Bnl del parlamentare udc Vito Bonsignore. Cortesie da Transatlantico, si dirà. Una sorpresa saranno invece le conversazioni con il tesoriere Ugo Sposetti, incline a esprimere dure pagelle sui compagni di partito, e quelle con il senatore Nicola Latorre, che subito dopo l’uscita delle prime intercettazioni giurava che mai nella sua vita aveva passato il suo cellulare all’amico D’Alema.
Insomma, i motivi di questo psicodramma, che da domani lascia i contorni Telecom-Brasile per diventare tutto nostrano, sono molti, troppi per cadere in una situazione politica «sfrangiata», per usare un aggettivo caro a Clemente Mastella, come quella di oggi. Con il risultato dei ballottaggi che si insinua in un calendario perverso, con alle spalle le polemiche sulle pressioni esercitate da Vincenzo Visco sui vertici della Guardia di Finanza. Ce n’è abbastanza per uno psicodramma in piena regola. Del resto la proprietà, essere padroni di qualcosa, figurarsi di una banca, è cosa indigesta per la sinistra. Soprattutto se quell’operazione finì alla deriva sotto il fuoco peggiore, ovvero quello amico.
Infine, l’ultima incognita che non viene dalle intercettazioni ma dal suo principale interlocutore. Ovvero Gianni Consorte. Ha ripreso a lavorare. Gira tra Milano, Bologna e Roma. Si duole delle ingiustizie patite. A tutti assicura che la storia non è finita. Raccolte le prove, racconterà i retroscena della guerra su Bnl. Con inevitabile coda di polemiche in pura salsa Pd. A iniziare da quelle con il Bbva difeso da Guido Rossi. A proposito dell’ex presidente di Telecom, da segnarsi in agenda il prossimo scandalo. Bolle in pentola, già c’è stata qualche avvisaglia. Avrà ripercussioni su destra e sinistra. Sedetevi comodi, si chiama proprio così: Telecom.
gianluigi.

nuzzi@ilgiornale.it

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