Cultura e Spettacoli

"Recitiamo il Risorgimento a scuola"

Il regista dirige Edoardo Sylos Labini in una pièce innovativa. Il debutto in teatro a Roma poi il tour nei licei: "La sinistra bollava come di destra la nascita del nostro Paese. E ci sono state notevoli lacune nell’istruzione"

"Recitiamo il Risorgimento a scuola"

Certo, Alessandro D’Alatri ne parla con un entusiamo contagioso e ci mancherebbe: per lui è un ritorno alle origini visto che a teatro ha debuttato da bambino (a otto anni: e nel Giardino dei ciliegi di Luchino Visconti, mica una roba qualunque). E poi, per questo Disco Risorgimento - Una storia romantica, che si presenta il 2 marzo a Roma (e dal 20 al 27 a Palazzo Reale a Milano, a Torino il 28 e ad Alessandria il 29) ritrova grandi attori come Edoardo Sylos Labini e dirige un’opera innovativa su di un tema che lo appassiona, appunto, sin da bambino: la storia del nostro Paese e della scintilla che lo ha fatto nascere come Nazione. «Sono così interessato che da anni colleziono documenti e cimeli, ho anche lettere autografe di Garibaldi e di Mazzini». Ecco: Mazzini. Sul palco è interpretato da Sylos Labini e la storia è quella delle Cinque Giornate di Milano e della Repubblica romana, due delle chiavi che hanno aperto il futuro dell’Italia. «E se penso a dove andremo in scena mi vengono i brividi».
Dove, D’Alatri?
«Al Palazzo della cancelleria di Roma, proprio dove fu insediato il Parlamento della Repubblica romana. Andremo in scena camminando sugli stessi pavimenti dove camminò Mazzini in un momento fondamentale della nostra storia».
In questi giorni si parla tantissimo dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
«Molto. Ma un po’ blandamente».
Ossia?
«Forse sarebbe meglio un viaggio esplorativo più compiuto ed esplicativo. Poi anche l’idea di identificare la ricorrenza in un giorno solo, il 17 marzo, per me è riduttiva. Bisognerebbe celebrare tutto l’anno».
In un’intervista a Oggi, Laura Chiatti dice che «non riesco a emozionarmi per i 150 anni».
«E’ un peccato. Vuol dire che qualcosa non ha funzionato, forse la sua generazione ha patito un deficit nell’istruzione».
Non solo la sua: diciamo che il Risorgimento non era l’argomento preferito di molti professori.
«Sì, soprattutto le aree considerate di sinistra lo hanno spesso bollato come “di destra”. Errore gravissimo».
Disco Risorgimento fa i conti con questi pregiudizi?
«Credo che non ne abbiamo proprio. Tanto è vero che, dopo le rappresentazioni teatrali, porteremo l’opera nei licei, viaggeremo nelle scuole, insomma mostreremo il Risorgimento ai giovani proprio per provare a riempire quei vuoti che pare siano stati lasciati dall’istruzione».
Ma in che modo può riuscirci?
«Raccontando due eventi importantissimi attraverso gli occhi di chi li visse in primo piano come Mazzini. E’ uno spettacolo che invita alla riflessione. E, dopotutto, per esempio i Mille di Garibaldi erano composti in gran parte da studenti e da professori. Il Risorgimento è nato anche nelle scuole ma oggi ci sembra così strano che tanti giovani abbiano dato la loro vita e il loro sangue per raggiungere ciò che oggi noi siamo: un paese unito».
Unito?
«E’ più facile cercare i punti in comune che individuare le differenze».
Insomma quando partirà il tour scolastico?
«Alla fine di quello nei teatri. Subito dopo».
Sylos Labini sarà inarrestabile.
«E infatti il suo entusiasmo e la sua forza mi sono piaciuti fin da subito. Oltretutto è una carissima persona, uno dei pochi che sappiano conservare i valori. L’ho diretto nello spot che adesso si conosce come quello del tormentone “Antò fa caldo”, poi in Commediasexi con Margherita Buy e Michele Placido».
In Disco Risorgimento una delle caratteristiche è che sul palco c’è anche un deejay.
«Antonello Aprea».
E che cosa fa?
«Mette musica. Si va da Verdi fino a brani storici ripescati (qualcuno anche di autori ignoti) e legati a quel periodo. Antonella li ha caricati di riverberi e delay, tutto è stato rimixato, insomma è una parte importante e significativa dello spettacolo insieme con le performance del soprano Elisa Santarossa e all’attrice Melania Maccaferri che rappresenta la figura iconografica conosciuta come Italia».
E lei, D’Alatri? Dopo Disco Risorgimento?
«Lavorerò ancora nella pubblicità e poi sto pensando a un film nuovo prima di tornare ancora a teatro. Ma molte energie se ne vanno con la mia nuova passione: l’enologia.

E la mia prima vendemmia nelle mie vigne in Maremma ha dato un grande Shiraz».

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