Parlamento

Respinto l'assalto della sinistra: non passa la sfiducia a Romano

La Camera dice no alla sfiducia con 315 voti, favorevoli solo in 294. La mozione era stata presentata dal Pd in seguito alla richiesta di rinvio a giudizio del ministro per concorso esterno in associazione mafiosa. Accuse che riguardano fatti accaduti dieci anni fa e che Romano respinge: "L'ordine giudiziario ha soverchiato il parlamento". Il Senatùr tranquillo: "Solo beghe tra magistrati". Il Popolo Viola protesta davanti a Montecitorio: "Fuori la mafia dallo Stato". E Di Pietro li fomenta. Fini all'attacco: "Mi sembra che si sia aperta la campagna elettorale"

Roma - Respinto l'assalto al governo. L'aula della Camera dice "no" alla mozione presentata dal Pd per sfiduciare il ministro alle Politiche agricole, Saverio Romano, in seguito alla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma Romano respinge le accuse: "Quello che un tempo era l’ordine giudiziario ormai ha soverchiato il Parlamento e ne vuole condizionare le scelte". Nel pomeriggio, mentre il Popolo Viola protesta davanti alla Camera, il leader Idv Antonio Di Pietro torna a incitare la piazza: "Da un momento all’altro ci scappa la violenza e i mandanti di questa violenza che sta per nascere siete voi". Invece, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sottolinea che "in un momento così difficile per l’Italia mi piacerebbe che si mettessero da parte i contrasti e gli scontri e si lavorasse tutti insieme per rilanciare l’economia e per portare l’Italia fuori da questa crisi".

La Camera dice "no" alla sfiducia L’aula della Camera ha respinto con 315 voti contrari e 294 a favore la mozione di sfiducia individuale presentata dalle opposizioni Pd-Idv-Fli al ministro dell’ Agricoltura, fondatore del Pid e membro del gruppo parlamentare dei Responsabili. Alla votazione hanno preso parte 609 deputati. Contro la sfiducia hanno votato le forze di maggioranza: Pdl, Lega e Popolo e Territorio (Responsabili). A favore le forze di opposizione: Pd, Idv e Terzo Polo (Udc, Fli e Api). I sei deputati Radicali non ha preso parte alla votazione. La mozione di sfiducia aveva fatto seguito alla decisione del Gip di Palermo di ordinare alla procura il rinvio a giudizio del ministro per concorso in associazione mafiosa.

Romano respinge ogni accusa "In questi mesi mi è stato tolto l’onore perché i processi sono stati trasferiti in aule improprie, nelle piazze e in Parlamento". Nel pomeriggio Romano ha voluto parlare, davanti all'Aula riunita per votare la sua sfiducia, per respingere le accuse mosse dai magistrati. Accuse che riguardano fatti accaduti nel 1999, 2000 e 2001 e cristallizzati ai tempi dell’indagine iniziata nel 2003. Secondo il ministro, dunque, il parlamento ha perso la sua centralità a vantaggio di altri poteri, come quello mediatico. "Io infatti sono stato oggetto di una campagna di aggressione che non auguro a nessuno. Piena, oltretutto, di grossolane inesattezze - ha detto il ministro alle Politiche agricole - può un provvedimento giudiziario istruttorio, quale che sia, incidere sulla tenuta di un governo senza che di quel provvedimento nessuno debba rispondere?". Romano ha lamentato di essere stato tenuto "per anni sulla graticola" da un organo, la magistratura che "non ha nessuna responsabilità". D'altra parte Romano non è mai stato rinviato a giudizio: non ha mai subito né processi né condanne. "Non ho nessun peso - ha concluso Romano - né giudiziario né di coscienza".

Il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, uscendo dal palazzo di Montecitorio definisce il voto di oggi "normale". Tuttavia attacca i magistrati affermando che "sono i primi a far casino, prima dicono sì e poi non vogliono mandare avanti il processo".

La Lega contraria alla sfiducia Per la Lega quella presentata dal Pd è una mozione di sfiducia che "nulla ha a che vedere con l’operato del ministro nel dicastero, ma che ha solo l’obiettivo di mettere in difficoltà il governo. Una mozione con carattere strumentale, e quindi anticostituzionale, solo per abbattere il governo, costi quel che costi". Sebastiano Fogliato, capogruppo leghista in commissione Agricoltura, ha annunciato il voto contrario del suo gruppo alla sfiducia. Le argomentazioni della mozione, ha insistito Fogliato in Aula alla Camera, "non riguardano l’operato del ministro ma situazioni giudiziarie che solo la magistratura, e noi rispetteremo il suo giudizio, potrà valutare, non il Parlamento. Oggi avremmo preferito occuparci di agricoltura". Parlando con i giornalisti a Montecitorio, il ministro delle Riforme Umberto Bossi ha fatto sapere che Romano deve essere giudicato "come ministro". E poi, a detta del leader leghista, "un magistrato voleva assolverlo, poi l’hanno rinviato a giudizio... sono beghe tra magistrati".

Fini va all'attacco Fli attacca la Lega per il voto annunciato a sostegno del ministro Saverio Romano e alla Camera è bagarre. Subito dopo l’intervento di dichiarazione di voto del Carroccio, tenuto dal capogruppo in commissione Agricoltura Sebastiano Fogliato, i deputati del Fli hanno esposto in aula dei manifesti con la scritta: "Alla faccia della Lega-lità". Immediata la reazione stizzita dei deputati leghisti, mentre il presidente Gianfranco Fini ha invitato a riporre i cartelli, a quel punto esposti anche da Antonio Di Pietro. Nel cartello dell’Idv sopra a una poltrona dipinta di verde c’era la scritta "Slegati. Lega poltrona. La Lega assolve i corrotti, i piduisti ed i mafiosi che siedono in Parlamento. La Lega condanna gli artigiani, le piccole imprese, i lavoratori e i giovani precari". Tra urla e parole grosse, Fini ha continuato a richiamare all’ordine fino a minacciare di sospendere la seduta. Secondo Fini, gli scontri e le tensioni alla Camera durante il dibattito sulla sfiducia al ministro Romano sono un segnale che dice che il voto anticipato è imminente. Rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano di commentare la seduta movimentata, Fini ha detto: "Mi sembra che si sia aperta la campagna elettorale... per l’esperienza che ho".

Di Pietro incita alla violenza "Fuori la mafia dallo Stato. Fuori lo Stato dalla mafia". Con questo slogan alcune decine di persone hanno manifestto davanti a Montecitorio. I manifestanti hanno organizzato una catena umana, spiegando le ragioni con megafoni, cartelli e striscioni. "Noi - ha detto Gianfranco Mascia, animatore del Popolo Viola - chiediamo che questo governo vada a casa, perché non è degno". Mentre la piazza si scalda, Di Pietro torna a incitare il popolo anti berlusconiano alla rivolta. "Quando poi in questo Paese c’è un ministro che vuole addirittura rimanere al governo sotto processo per mafia (il riferimento è a Saverio Romano, ndr) e un premier accusato di reati gravissimi che resta al governo - ha detto il leader dell'Idv - allora vuol dire che c’è da un lato un paese formale dove c’è un esecutivo pieno di soggetti politici che intendono mandare il paese in malora, e dall’altro un paese reale disperato che sta arrivando alla rivolta". Secondo Di Pietro, "da un momento all’altro ci scappa la violenza e i mandanti di questa violenza che sta per nascere siete voi".

Un voto tra i fischi alla Bindi Troppo lunga la lista dei deputati ai quali è stato consentito di votare prima che iniziasse la chiama vera e propria in ordine alfabetico. A mano a mano che scorrevano sul display i nomi dei parlamentari che avevano chiesto ed ottenuto una corsia "preferenziale" per votare prima, è aumentato il brusio in Aula, condito da qualche sonoro fischio, da parte soprattutto dei deputati del Pdl. Il presidente di turno Rosy Bindi ha interrotto brevemente le operazioni di voto per spiegare che quella lista, pur se così lunga, era stata approvata. Ma non ha potuto ultimare il suo ragionamento perchè sono ripresi i fischi. A quel punto Bindi, seccata, ha detto: "Andiamo avanti".

E con un’Aula che rumoreggiava la deputata liberale Daniela Melchiorre è dovuta transitare tre volte davanti al banco della presidenza prima che il suo sì alla mozione di sfiducia contro il ministro Romano potesse essere ascoltato.

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