Cultura e Spettacoli

Ribeiro nascosto dietro la «Lussuria» di una signora

João Ubaldo Ribeiro è uno scrittore brasiliano (è nato a Bahia nel 1941) con un pedigree di tutto rispetto. Il grande compatriota (e concittadino) Jorge Amado ne avallò la già solida fama di letterato originale e sperimentato estro creativo, definendo il suo libro Sergente Getulio (uscito anche in italiano, da Einaudi) «uno dei romanzi decisivi della produzione contemporanea». Convergenza non casuale di idee - quella tra Amado e Ribeiro - dal momento che il secondo ha mutuato, continua a mutuare dallo stile, dall’espressività del suo più maturo, ormai scomparso maestro un’attitudine narrativa spesso improntata da un tripudiante pansessualismo.
Al proposito, è di questi giorni l’uscita in Italia a opera dell’editrice Cavallo di Ferro dell’eloquente scritto Lussuria (pagg. 143, euro 12), sorta di pamphlet firmato appunto da Ribeiro - anche se questi ricorre per l’occasione all’abusato espediente di attribuire il testo al manoscritto inviatogli da una non più giovane, spregiudicata signora - ove si rivendicano, pur modulate da una mediazione letteraria sapiente, le ragioni (o sragioni che siano) d’una esistenzialità giocata con totale disinibizione su pratiche sessuali oltranziste scelte come miglior strategia possibile per la vita e, per dirla con Georges Bataille, anche al di là della morte.
Già salutato in America Latina, in Portogallo, nei Paesi nordici e anglosassoni da una vistoso successo non disconosciuto neanche dai critici più avvertiti, Lussuria rischia forse, a un approccio distratto, di essere frainteso soltanto come un testo ostentatamente pornografico (d’altronde, Ribeiro ammette francamente tale possibilità), ma in realtà è verosimile che la presunta autrice palesi una storia, vicende, approdi ben altrimenti significativi di una smagata erotomania. Infatti, Ribeiro premette a mo’ di avvertenza che Lussuria evoca «le incredibili esperienze sessuali di una donna di sessantotto anni... che non si è mai tirata indietro davanti ai piaceri e alle infinite possibilità che il sesso può offrire» senza decampare peraltro da una lucida, personalissima concezione del mondo, della vita. Tanto da prospettare la propria autodelazione sotto il più esauriente titolo Memorie di una libertina. Si tratta certo, come è detto chiaramente da Ribeiro, di «una deposizione socio-letterario-porno», ma si tratta altresì di una escursione brava e devastante tra pigre convenzioni e convinzioni correnti e tra vieti luoghi comuni sbullonati, qui, con proterva allegria. Esempi: i tedeschi? «nazisti per nascita che muoiono sempre proclamandosi antinazisti»; i francesi? «Lacan, Godard, Robbe-Grillet? Tutte puttanate e noia».
Ribeiro insomma non va troppo per il sottile, ma i suoi umori sulfurei discendono in linea diretta da Réstif de la Bretonne a Choderlos de Laclos, dall’Aretino a Henry Miller.

Non è poco.

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