Riecco il cinema Trieste e gli anni '20

Rinasce la storica sala di via Pacinotti. Avrà anche un ristorante e proietterà pellicole a 35mm

Nessuno oggi ricorda quando a Milano aprì il cinema Trieste. E forse nessuno ricorda neppure che quell'ambiziosa ma decentrata saletta da 350 poltrone in via Pacinotti, alle spalle di via Espinasse, si chiamasse così. Era il 1912. Ed era periferia profonda. Storia di pomeriggi di solitudine uggiosa. Spezzata da sogni di celluloide. Fantasia a spasso. Tra lustrini e celebrità. Sognando di essere come Maurice Chevalier, un tenente conteso fra due donne che, invece di odiarsi, si aiutano l'un l'altra. Sentimenti d'altri tempi. Possibili solo al cinema.

Lo chansonnier faceva l'ufficiale per Ernst Lubitsch e, con L'allegro tenente , inaugurò la stagione del sonoro in quella saletta ai margini della città. Femme fatale sul grande schermo, Claudette Colbert si era promessa a quel militare fascinoso e un po' svagato che dovette piegarsi a un matrimonio combinato con la più brutta del reame. La figlia del sovrano. Finì che la bestia andò a lezione dalla bella e il miracolo si compì. La poco appetibile principessina sposò il bel tenente con buona pace di tutti. Soprattutto della sensuale fidanzata abbandonata, che trasformò la rivale in una perla.

Era il 1932. Il cinema Trieste, che si chiamava ancora così, aveva cessato di proiettare il silenzio. Ora dal grande schermo uscivano anche parole e musiche. Passò infinita acqua sotto i ponti. Negli anni Quaranta il Trieste cambiò insegna e divenne il Sempione. Dal nome del quartiere. E forse oggi, chi non lo ha dimenticato, lo ricorda ancora così. E sempre oggi a 103 anni dall'apertura, quella saletta perduta nell'oblio riapre come nacque. Cinema Trieste.

La palazzina liberty di inizio secolo è rimasta la stessa in questo inizio secolo. E non ha buttato via nulla di allora. Nemmeno i proiettori. Ora risorge guardando all'antico e tornerà a spedire sullo schermo fotogrammi a 35 millimetri anche nell'era del digitale. La festa è stasera, con un piattino nostalgico che profuma dei ruggenti anni Venti. E la Chicago dell'antiproibizionismo. L'appuntamento è alle 20 perché in questo terzo millennio il cinema non è più soltanto la magia delle immagini. Aperitivo e cena, dunque. Con dress code dedicato a quel decennio da Grande Gatsby e Al Capone. Poi, tutti in sala.

Non a caso, il battesimo arriva con Piccoli gangster di Alan Parker, una pellicola del '76 dal sapore antico. Dove Lardo Sam, lo Sciccoso e Bugsy Malone, boss della mafia e delinquenti d'arte varia, si sfidano a torte in faccia per conquistare la più bella, con il volto di Jodie Foster. Come agli albori della Settima arte tra Stanlio e Ollio, Charlot e i loro comprimari.

Poi, dal 7 ottobre, il Trieste programmerà i suoi mercoledì da cinefili tra biopic, documentari e corti oltre a titoli d'epoca. E cancellerà il tramonto del Sempione, cioé l'altro se stesso. Quando, pur di non perdere fascino, aveva abbandonato la raffinatezza di Chevalier e Douglas Fairbanks, l'avvenenza di una giovane Catherine Deneuve, preda del tenebroso Jean Paul Belmondo de La mia droga si chiama Julie . E aveva acceso la luce rossa del porno. Non solo finzione e carnalità di celluloide. Ma spogliarelli veri. E donne da assaggiare.

Ora, vivaddio, si torna al 1912.

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