Politica

Una riforma per la civiltà

In cosa consiste la questione giustizia, oggi? Se interrogate gli italiani sulle posizioni dei partiti circa il rapporto tra politica e giustizia, probabilmente riscontrerete scarso interesse. Se, invece, li sondate sul funzionamento normale dell'amministrazione giudiziaria, troverete la massima attenzione per un problema divenuto centrale nello sfascio italiano.
La questione giustizia si presenta, dunque, sotto due aspetti diversi, pur se collegati. Per un verso si teme l'abnorme espansione del potere di un gruppo che, specialmente ad opera delle correnti oltranziste degli inquirenti, tenta di alterare gli equilibri dello Stato di diritto: agisce come gruppo di pressione invece che lasciare alle coscienze dei singoli la responsabilità degli atti; usa l'obbligatorietà dell'azione penale con discrezionalità partigiana; invade i campi della legiferazione e della costituzionalità. Teorizza, in sostanza, l'opera di supplenza della magistratura nel controllo politico.
V'è poi un altro aspetto considerato ancora più rilevante per la vita civile, sociale ed economica di molti italiani. È il malfunzionamento quotidiano della giustizia civile e penale che colpisce milioni di persone che perciò perdono la fiducia nello Stato. Sul terreno civile i procedimenti si accumulano inevasi per anni e anni per cui sempre più persone rinunziano a percorrere la via giudiziaria. E sul piano penale la repressione generalizzata attraverso le indiscriminate carcerazioni preventive surrogano la giusta punizione dei colpevoli con l'effetto che in Italia sono ormai tanti gli innocenti in galera e troppi i mascalzoni in libertà.
Il presidente del Consiglio annuncia ora che la riforma della giustizia è prioritaria. Era tempo che si procedesse a fare quel che tutti aspettano. Ma le aspettative riguardano due facce del problema. Da una parte gli uomini attenti all'equilibrio delle istituzioni, allo Stato di diritto, al rispetto delle sfere autonome della politica e della giustizia, si attendono che lo strapotere dei gruppi organizzati di magistrati rientri negli ambiti costituzionali, liberando dalle indebite intrusioni la politica e la sovranità popolare. Dall'altra la popolazione si aspetta che la giustizia quotidiana, quella dei processi che non si fanno, delle liti che non vengono sciolte con il diritto, dei torti che non sono puniti in tempo, venga finalmente messa a posto.
L'Italia, anche per il malfunzionamento della giustizia, è ormai considerata un Paese di poca civiltà, per questo punito dalle istituzioni internazionali ed europee. Se la priorità giustizia che si annunzia affronterà davvero i nodi macroscopici della politica e dell'amministrazione giudiziaria, si farà un passo avanti nel processo di civilizzazione della nostra bella ma sfortunata Italia.
Massimo Teodori
m.

teodori@mclink.it

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