Cronache

Ritorno al passato per battere la concorrenza

Il made in Italy artigianale ha deciso di puntare tutto sulla qualità unendo tradizioni antiche e tecnologia: dalla seta al miele, dal cavallo Murgese agli orologi

Ritorno al passato per battere la concorrenza

Lo chiamano artigianato 3.0. E non è una semplice definizione per donare nuova dignità ai vecchi mestieri. Ma una risorsa. Addirittura un possibile volano per l'economia e l'occupazione nel nostro Paese. Si tratta dello spazio nel quale i lavori più antichi abbracciano la tecnologia, per diventare punti di riferimento del made in Italy cercato e apprezzato in tutto il mondo. E così mentre in Veneto è ripartito l'allevamento dei bachi da seta, gli apicoltori italiani hanno scoperto il tablet per produrre il miele migliore del mondo. Mentre grazie a nuovi metodi basati sulla scienza è stato possibile riscoprire, valorizzare ed esportare in tutto il pianeta l'unico cavallo autoctono dello stivale, il cavallo Murgese. Da una parte la crisi economica, dall'altra l'attenzione sempre maggiore per la qualità negli ultimi anni hanno spinto le piccole e medie imprese a cambiare. A ricercare nell'eccellenza che da sempre caratterizza il made in Italy un modo per differenziarsi. E vincere.

NUOVA OCCUPAZIONE

Così mestieri dimenticati, tradizioni accantonate, coltivazioni relegate in piccolissime nicchie sono stati lentamente riscoperti e valorizzati. Con numeri in costante crescita. Dai metalli ai tessuti, dal cibo alle pelli, dagli orologi alla frutta tutto il mercato manifatturiero sta crescendo. Basti pensare che, secondo una recente indagine di Confartigianato, nel primo trimestre del 2015 le imprese del settore erano oltre un milione 300mila, il 22,7 per cento dell'intero tessuto produttivo italiano. Il comparto ha realizzato complessivamente 167,6 miliardi di euro annui di valore aggiunto, dando lavoro a quasi tre milioni di persone: nel nostro Paese ogni cento lavoratori ce ne sono 17 impiegati proprio nell'artigianato, concentrati soprattutto in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Seguite da Marche, Molise e Sardegna.

Ma questo settore così antico e prezioso per la nostra economia non è fatto solo di numeri. È fatto soprattutto di storie e persone, che investono e rischiano partendo dal passato ma con uno sguardo sempre attento verso il futuro. Come in Veneto, dove negli ultimi anni sono tornare a crescere le piccole aziende che allevano i bachi da seta, essenziali per realizzare il prezioso tessuto. Oggi contano su tecnologie all'avanguardia per evitare i rischi e rendere il lavoro più agevole. Negli anni Cinquanta in tutta la regione si contavano circa 40mila aziende agricole impegnate in questo settore. Che poi, progressivamente, è stato dimenticato. «Adesso finalmente possiamo ripartire – spiega Fernando Pellizzari, che è stato l'ultimo presidente dell'Associazione nazionale dei bachicoltori -, il nostro obiettivo è creare mille nuove imprese nei prossimi cinque anni».

LOCAL BUSINESS

Complice la tecnologia, sta tornando in auge anche un altro mestiere millenario: l'apicoltura. L'Italia è fra i maggiori produttori di miele al mondo, ma per molto tempo i giovani hanno preferito dedicarsi ad altro. Oggi le cose sono cambiate, questo lavoro è diventato attrattivo e dinamico, anche grazie all'uso dell'iPad. Gli apicoltori 3.0 sono colti, avvezzi alle tecnologie, esperti di e-commerce. Alla tuta e alla maschera preferiscono internet. Attraverso il web controllano a distanza gli alveari, costruiscono community virtuali e vendono il loro miele online. E cosa dire del recupero delle antiche tradizioni gastronomiche? Anche grazie al traino esercitato da Slow Food oggi in Italia è tutto un proliferare di tipicità regionali. Dal grano arso alla cicerchia. Dal pero boccun al grano solina, che cresce solo sulle montagne abruzzesi e fa impazzire gli chef stellati. E poi ci sono gli orologi artigianali. I migliori al mondo, a sorpresa, sono proprio quelli italiani, che oggi coniugano stile e saper fare proprio della tradizione con le più avanzate tecnologie del settore. E cosa dire dei mestieri artigiani? Oggi fare l'idraulico o l'elettricista non è più considerato un ripiego. I più giovani sono di nuovo attenti a questi lavori, diventati improvvisamente interessanti grazie alla possibilità di implementarli con l'uso dei dispositivi mobili. «La tecnologia sta aiutando a riscoprire mestieri che per molto tempo nessuno ha voluto più fare – conferma Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato -. Pensiamo per esempio agli odontotecnici, che adesso usano le stampanti 3D, o agli orafi. E ancora agli idraulici, che si avvalgono della domotica e dei tablet. Oggi l'esperienza e la capacità di fare degli artigiani si sposa con la tecnologia e rende lavori un tempo considerati umili professioni di altissimo livello». Non è un caso che nel 2014 siano nate 340 imprese artigiane ogni giorno e che la quota delle esportazioni abbia raggiunto il 9,1 per cento del totale dell'export italiano nel mondo. Nella speciale classifica delle imprese più vitali vincono quelle impegnate nei servizi per edilizia e paesaggio, con una crescita del 3,5 per cento nel 2014. Seguono quelle di riparazione, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature, quelle che realizzano attività di supporto per le funzioni d'ufficio e altri servizi di supporto alle imprese e infine quelle impegnate nell'industria alimentare. Molto positive sono anche le performance della produzione di software e consulenza informatica, le attività dei servizi di informazione, la silvicoltura e l'utilizzo delle aree forestali.

GUSTO E RICERCA

«Questi numeri contraddicono chi, negli anni scorsi, profetizzava la scomparsa del manifatturiero – prosegue Fumagalli -. Il made in Italy artigiano piace perché coniuga alla perfezione stile, capacità, gusto e ricerca. In alcuni settori le nuove tecnologie non sono servite solo per recuperare i mestieri, ma anche per ridurre l'impatto ambientale, come per esempio è avvenuto nel settore del pellame. Basti pensare che le sete fiorentine sono acquistate per realizzare i kimono tradizionali giapponesi, mentre i nostri mobili sono ricercati dai consumatori più attenti alla qualità provenienti soprattutto da Paesi arabi, Cina e Russia». Insomma, seppure lentamente l'artigianato sta uscendo dalla crisi e potrebbe davvero dare una grossa mano a tutta l'economia italiana. «Parliamo ancora di un business di nicchia, ma si tratta di un recupero senz'altro positivo perché rientra nella scia della vocazione manifatturiera italiana – spiega Stefania Saviolo, responsabile Knowledge center luxury and fashion della Sda Bocconi -. Questo nuovo tipo di artigianato mette insieme tradizione e saper fare, che contraddistingue il made in Italy da sempre, con un'attenzione sempre maggiore per le nuove tecnologie. Questi settori potrebbero rappresentare una forma di differenziazione rispetto agli altri Paesi europei, e potrebbero indicare una strada virtuosa all'industria». Ma non sono solo i ricavi a far sorridere. L'aspetto più interessante riguarda il lavoro. «Il recupero dei mestieri potrebbe dare una grossa spinta all'occupazione, soprattutto a quella dei giovani – prosegue -. Finalmente in Italia non si parla più solo di call center da una parte e di attività intellettuali dall'altra. Finalmente stanno riacquistando dignità lavori accantonati, che potrebbero rappresentare un bacino notevole per far ripartire il mercato del lavoro».

SECONDA VITA

Il meccanismo è già in atto. A Firenze sta nascendo un nuovo polo, con tanto di scuole di specializzazione, nel campo della pelletteria. A Biella e Como sta ripartendo il comparto del tessile. Il Piemonte, anche grazie alla scuola di Slow Food, sta diventando un punto di riferimento per lo studio dell'enogastronomia. L'Emilia Romagna è sempre più un punto di riferimento per la produzione di auto e moto di altissima gamma. Mentre Napoli è il nuovo distretto dell'abbigliamento, con una scuola di altissima sartoria che attira giovani da tutto il mondo. «Questo importante recupero è partito dalla moda ma adesso finalmente riguarda tutti i mestieri – conclude l'esperta -. Il made in Italy, partito negli anni Settanta, oggi vive una vita nuova, nella quale la tecnologia e la ricerca svolgono un ruolo determinante.

Adesso questa strada deve essere seguita dalla grande industria, che deve imparare a coniugare meglio creatività e hi-tech».

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