Controcultura

In «Riviera» per un Lorrain si può morire

«Il mercato dell'arte è l'unico in cui non ci sono regole certe e per questo è il luogo migliore per riciclare il denaro». Questo spiega un personaggio di Riviera, nuova fiction in dieci puntate trasmesse da Sky Atlantic. Che comincia così: mentre in un'asta miliardaria diversi collezionisti si contendono un Malevic, appena al largo di Montecarlo esplode uno yacht. Sulla barca c'è Constantin Clios, oligarca russo, proprietario di capolavori inestimabili; pochi istanti prima di andare incontro al tragico destino, parla al telefono con Georgina, la sua seconda moglie e curatrice della collezione. Ma la sua offerta per il Malevic si ferma a «soli» 300 milioni. Lo perde. Non è proprio una giornata fortunata.

Dopo la morte del riccastro, la trama si infittisce di colpi di scena. Cosa c'è di torbido nel suo passato? Come potrà convivere Georgina (Giulia Stiles), sposata da appena un anno, con Irina la prima moglie, cinica e vorace, interpretata da Lena Olin? E i figli di letti diversi? Senza contare le indagini della polizia, i rapporti con i boss della malavita, l'intervento della finanza monegasca a bloccare il patrimonio...

Ideata da Neil Jordan - regista inglese che dopo ottimi film come In compagnia dei lupi, La moglie del soldato, Intervista col vampiro si è cimentato con successo anche nelle serie tv, dirigendo sei episodi dei Borgia - Riviera mescola il registro narrativo del thriller con quello della situation comedy, qui invero piuttosto stereotipata nei dialoghi e nelle situazioni. Il mondo dei ricchi è disegnato sul luogo comune di vizi, giochi, comportamenti degni di questa comunità mondiale che prende casa nel Principato per evidenti ragioni fiscali. E se auto di lusso, gioielli, orologi, design, arredi e cocaina fanno ormai parte di un catalogo piuttosto comune, è davvero l'arte ad attribuire quel prestigio, quel posizionamento sociale, quasi che quadri e sculture garantiscano la possibilità di comprarsi, insieme a loro, classe, cultura, intelligenza. Siamo all'apoteosi del parvenu, del nouveau riche, una figura che fa storcere la bocca ai veri snob. Il mondo è proprio cambiato: un tempo il russo (per meglio dire il sovietico) rappresentava il cattivo per antonomasia. Oggi non è che sia diventato buono, anzi, e anche se può spendere una montagna di soldi continua a incarnare il cafonismo contemporaneo della lussuria, la triade di sesso, denaro e potere.

Mi viene in mente ciò che scrisse Jeffrey Deitch negli anni Ottanta: «L'arte è una forma di shopping esclusivo». Rispetto a quei tempi, il mercato globale ha toccato paesi un tempo marginali. Che altrove, rispetto all'Europa, vi sia un'immensa disponibilità di denaro non è certo un segreto. Basti vederli a Basilea o a Miami questi nuovi collezionisti dal credito illimitato. Disposti a tutto, anche a uccidere, per assicurarsi un Lorrain.

Proprio come questi di Riviera.

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