Cronaca locale

Rivincita delle formose Nei negozi la 44 è la taglia più venduta

È difficile ammetterlo. Quasi come se fosse una colpa. Al punto che quando si entra in un negozio le donne chiedono (e sono il 79%) una taglia inferiore a quella che portano realmente. Ma è così faticoso dire 44 o 46 ? Figurarsi chi porta la 48. Potrebbe essere colta da una crisi di nervi. Eppure, una ricerca dell'Unione del commercio di Milano, in collaborazione Ascomodamilano, realizzata nei punti vendita associati del dettaglio tessile abbigliamento, dice che le signore, in particolare quelle milanesi, indossano la 42-44 seguita dalla 46-48. Tra le taglie abbondanti, invece, la 50-52 è la più venduta seguita dalla 58-62 e dalla 60-66. Il tema delle taglie comode è di stretta attualità anche fra gli stand di PluSize, il salone dedicato alla moda che parte dalla taglia 46 e di scena a Fieramilanocity fino a domenica.
Sempre dall'indagine emerge che solo il 26% delle clienti acquista la stessa taglia sia per la parte superiore del corpo che per quella inferiore; mentre il 74% chiede una taglia differenziata. Il busto è più piccolo nel 58% dei casi, con piccole differenze che non giustificano un cambio di taglia (31%). È invece più grande nel 10% dei casi e la motivazione va ricercata nella chirurgia: aumentano infatti le donne che ricorrono al bisturi per aumentare le dimensioni del seno e che quindi necessitano di adattare il capo alle nuove forme. Il 69% dei negozi d'abbigliamento femminile veste dalla 48 in su, il restante 32% si ferma a questa taglia non perché le altre misure non siano richieste ma perché le taglie comode, essendo vere e proprie collezioni, meritano spazio e non tutti i negozi ne hanno. A conferma di ciò il 68% degli operatori intervistati ha dichiarato che negli ultimi 5 anni la richiesta delle taglie comode è aumentata tra il 10 e il 30%.
Donne sempre più in carne quindi? Sì per il 73% degli intervistati; il 9% sostiene, invece, che l'aumento della clientela sia imputabile al passaparola tra amiche «pienotte», mentre per il 18% l'aumento della vendita è dovuto a una minor vestibilità dei prodotti. «Che taglia porti?» Era pure la domanda che si sono posti durante una tavola rotonda, organizzata a Milanovendemoda, i produttori, e dove è stato affrontato il tema della taglia codificata in maniera uniforme per tutti i Paesi della Comunità europea. L'impegno verso la taglia unica, che non significa uniformità di modelli o di stile ma linguaggio unico per comunicare la propria diversità, ha una serie di risvolti positivi come la libera circolazione e commercializzazione dei capi d'abbigliamento all'interno della Comunità europea, una snellezza di rapporti avviata qualche anno fa con l'introduzione dell'euro. Ma non solo.

Una taglia di abiti immediatamente identificabile riduce il problema dei resi nelle vendite via internet e per corrispondenza.

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