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La rivincita della squadra che si ribellava alla Stasi

La travagliata storia dell'Union Berlino, team sempre ai margini durante il regime comunista

La rivincita della squadra che si ribellava alla Stasi

«Mio padre è morto in galera/mia madre malata nel suo letto/mia sorella batte per strada/in che cosa devo credere?/ Union, Union sopra tutto e tutti/Union squadra immortale». L'inno non è dei più allegri, ma i tifosi dell'Union Berlino lo cantano volentieri. Rende bene l'idea che hanno di se stessi: eterni perdenti, condannati dal potere e dal destino a restare ai margini. Eppure mai rassegnati, sempre pronti a proclamare la loro passione. È così da tempo immemorabile, ma da un paio di settimane qualche cosa è cambiato. Perché i fan della seconda squadra berlinese (la prima è l'Hertha, il team nobile, di casa all'Olympiastadion) devono fare i conti con qualche cosa di nuovo: il gusto della vittoria. Per la prima volta nella loro storia sono stati promossi nella Bundesliga, la Serie A tedesca. Arrivati terzi in campionato si sono aggiudicati lo spareggio con lo Stoccarda e l'anno prossimo finiranno sugli schermi delle pay-tv di mezzo mondo.

Per gli spettatori dell'Alte Försterei (letteralmente «vecchia casa del boscaiolo»), lo stadio costruito negli anni Venti nel quartiere di Köpenick, periferia sud-orientale della capitale, è uno choc o quasi. I più vecchi tra loro sono cresciuti negli anni del regime comunista, quando la società si è guadagnata lo status di club di culto. Anche allora l'Union doveva fare i conti con un vicino ingombrante, che in quel periodo era la Dynamo, la squadra delle forze di sicurezza, per cui faceva il tifo Erich Mielke, il capo della Stasi, la polizia segreta. La sua era una sponsorizzazione importante: i finanziamenti di Stato erano assicurati, gli arbitri fischiavano a senso unico e i migliori giocatori venivano praticamente obbligati a trasferirsi nel team preferito dal regime. Dal 1979 al 1988 la Dynamo conquistò tutti gli scudetti senza eccezioni.

Un po' alla volta il tifo per l'Union si trasformò in una forma di resistenza politica: gli alternativi, i non allineati, i primi punk diventarono fan della squadra. «Meglio perdenti che maiali della Stasi», era lo slogan. Quando poi, per una costellazione imperscrutabile di fattori, l'Union riusciva a vincere, erano le circostanze a mettersi di mezzo. Nel 1968 la squadra, rifondata due anni prima dalle ceneri di un club nato nel 1906, riuscì ad aggiudicarsi la Coppa di Lega della Ddr, battendo la favorita Karl Zeiss Jena. I berlinesi erano pronti per la partecipazione alla prima competizione internazionale, ma l'invasione di Praga, nell'agosto di quell'anno, bloccò tutto: la federazione della Ddr annullò la partecipazione per il clima da guerra fredda.

Caduto il Muro, le cose sono cambiate ma il carattere dell'Union è rimasto e i tifosi continuano a considerarsi una comunità unita intorno a valori come quelli cantati da Nina Hagen, eccentrica diva punk nata a Berlino Est, autrice dell'inno ufficiale. In almeno in un'occasione a salvare la società dal fallimento sono stati i supporter che hanno partecipato all'iniziativa «Blut für Union», sangue per l'Union: i tifosi sono andati a versare il sangue a pagamento negli ospedali cittadini, il ricavato è finito nelle casse della squadra. Quando poi, nel 2007, si è trattato di ristrutturare lo stadio, chi ha potuto si è tassato. In più di 2mila, chiunque avesse esperienza di impieghi nel settore edile, si è offerto di lavorare gratis; alla fine sul tavolo sono finite 140mila ore di lavoro che hanno permesso di completare l'opera. Oggi il campo, unico in Europa, è parzialmente di proprietà del tifo organizzato. Nel 2014, in occasione dei mondiali di calcio brasiliani i tifosi hanno organizzato la Wm-Wohnzimmer (letteralmente: salotto mondiali). Chi voleva poteva portare il divano da casa e godersi la partita su un maxischermo. Per la finale i divanetti sparsi per il campo di gioco erano più di 800. Qualche cosa del genere succede anche a ogni Natale. I supporter si trovano sugli spalti per farsi gli auguri bevendo gluhwein e alternando canti natalizi e slogan calcistici.

A definire il Dna della società sono le origini operaie, in particolare del settore meccanico (anche per questo è detta eiserne Union, unione di ferro) e il carattere del quartiere in cui è nata.

Köpenick, fino agli anni Venti comune separato da Berlino, è stata scena di uno degli episodi più citati dai critici del tradizionale militarismo tedesco. Nel 1906 Wilhelm Voigt, un ciabattino appena uscito di galera per una serie di furti e piccole truffe, riuscì a mettere le mani su una uniforme da ufficiale della Guardia Imperiale. Gli bastò indossarla perché un drappello di militari reduci da un turno di servizio si mettesse ai suoi ordini. Alla guida di questo improvvisato reparto l'uomo riuscì a impadronirsi del Comune, convincendo il sindaco a consegnarli il contenuto della cassaforte.

La storia, subito pubblicata dai giornali, divenne proverbiale, fu ripresa in innumerevoli pièces teatrali (la più famosa quella di Karl Zuckmayer) e trasposizioni cinematografiche. L'idea che un piccolo truffatore, per il solo fatto di indossare un'uniforme potesse convincere chiunque a mettersi a sua disposizione, si trasformò presto in un simbolo negativo della Germania più ottusa e tradizionale. E al contrario in un caso di scuola per i movimenti anti-autoritari, come quelli in cui si riconoscono molti fan dell'Union.

Vero è che, nonostante il passato, al prossimo campionato la società si sta preparando in maniera più che tradizionale. A finanziare la squadra è arrivato un fondo di investimento, deciso a farsi ripagarsi grazie ai soldi dei diritti televisivi. La capienza dello stadio sarà portata da 22mila a 37mila posti.

I tradizionali perdenti sembrano già essersi abituati al sapore della vittoria.

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