Robo-advisor, una realtà da valutare con giudizio

Ettore Schifrani

Un portafoglio bilanciato e diversificato? Ci pensa il robo-advisor. La nuova frontiera del risparmio gestito è arrivata fin qui e c'è chi scommette che, tra qualche anno, gli investimenti in Borsa avverranno soprattutto attraverso questi «advisor tecnologici». Complice la rivoluzione digitale, questi servizi offrono una consulenza online agli investimenti sulla base di algoritmi. Una novità accolta con entusiasmo nel mondo finanziario (riduce i costi), ma per la quale gli italiani al momento sono pronti «a metà».

Secondo una recente ricerca di Schroeders Global, infatti, il 60% dei Bot people nostrani, affiderebbe la gestione dei propri risparmi a una «macchina», ma il 49% condiziona la sua disponibilità alla possibilità di interagire in parallelo con un consulente, mentre solo l'11% si dice pronto a percorrere questa strada in totale autonomia.

Infine, il restante 40% del campione di investitori (1.000 risposte, su un dato globale di 20.000 in 28 Paesi) si divide tra chi al momento dice no a questa possibilità, ma lascia uno spiraglio aperto per il futuro (31%), e chi la esclude completamente, sentendo il bisogno di un contatto diretto, in prima persona, con un consulente (9%).

Una sfida al cambiamento per i principali operatori del risparmio gestito che coinvolgerà in primis, a livello demografico, i millennial italiani (18-35 anni), più propensi a sfruttare le nuove tecnologie: il 70% è pronto, autonomamente o con il supporto online di un consulente, ad affidarsi a un robo-advisor.

La percentuale scende invece al 45% tra gli investitori italiani con più di 55 anni, che però (tradizionalmente) sono anche quelli che hanno più liquidità da investire a dispetto di un giovane.

Sul fronte della consulenza finanziaria, dunque, questa rivoluzione potrebbe essere un'opportunità non sempre facile da cogliere. Al momento, infatti, gli investitori sentono il bisogno di continuare a essere supportati nei processi decisionali dai consulenti «fisici».

Sul fronte italiano, questi ultimi (circa 215 su un campione di 1.836 consulenti a livello globale) potrebbero godere di un buon grado di fiducia da parte degli investitori per via del profilo distintivo di maggiore pragmatismo e cautela rispetto ai colleghi esteri. Sono infatti mediamente più propensi a sensibilizzare i loro clienti a una prospettiva di medio-lungo periodo e più realisti in termini di ritorni conseguibili.

Mentre il lasso di tempo raccomandato agli investitori dai consulenti finanziari a livello globale è di poco superiore a 4 anni (4,3 anni), i consulenti italiani in media consigliano ai clienti di detenere un investimento per quasi sei anni (5,8 anni).

Ciò evidenzia una maggiore attenzione da parte di questi consulenti a «educare» gli investitori a obiettivi e logiche indirizzate sul lungo termine.

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