Roma

«Ru486, nessuna scorciatoia sulla pelle delle donne»

La RU486 è uno strumento abortivo. In Italia l’aborto è regolato dalla legge 194 e le linee guida del governo e della Regione hanno prescritto l’uso del farmaco con le stesse modalità, come il ricovero di tre giorni.
On. Isabella Rauti, perché la Ru486 suscita tanto clamore?
«Non è clamore ma solo attenzione responsabile. Mi spiego: la Ru486 è un aborto chimico e farmacologico e non chirurgico e “meccanico” e non deve mai diventare un modo per aggirare la legge e surrettiziamente condurre all’aborto a domicilio, fai da te. Per questo la delibera della giunta Polverini e l’annesso Protocollo prevedono il ricovero ordinario nella struttura ospedaliera. Con la Ru486 non si possono prevedere i tempi di espulsione del feto dal momento della somministrazione, che - infatti - prevede due fasi distinte, la prima pillola e la seconda dopo 48 ore se l’aborto non è avvenuto. Inoltre, per la sicurezza e la salute della donna, bisogna monitorare che l’utero sia totalmente svuotato. È questo il punto! E su questo, nessuna scorciatoia è accettabile».
La letteratura scientifica internazionale documenta 40 decessi nel mondo in seguito all’assunzione della pillola...
«Appunto. L’aborto è una questione sociale e non un fatto individuale; non si può consentire la privatizzazione dell’aborto né il rischio del “fai da te” perché dobbiamo tutelare la salute della donna e possiamo farlo solo ricorrendo al ricovero ordinario, come previsto dalla legge per ogni altro metodo abortivo».
La 194 prevede, oltre al ricovero, anche il sostegno alla donna da parte dei consultori che però è spesso “by-passato”. Ciononostante la sinistra è contraria alla riforma dei consultori.
«La 194/78 è una legge parzialmente disattesa; lo è, purtroppo, nella sua parte più propositiva, quella degli aspetti di prevenzione e di rimozione delle cause che spingono ad abortire. L'aborto è sempre una scelta drammatica per ogni donna, e qualcuna potrebbe rinunciarvi se presso i consultori trovasse più risposte  e maggiore sostegno. La nostra proposta di legge non punta ad abolire i consultori ma a irrobustirne le funzioni».
Non le pare che il genere di libertà di scelta della donna portata avanti dai sostenitori della Ru486 coincida con la solitudine?
«Non bisogna fare dell’aborto e della Ru486 un uso politico. Abbiamo il dovere di non lasciare sole le donne che interrompono la gravidanza, non possiamo mandarle a casa a gestire in solitudine le complicanze e gli effetti psicologici che, con la Ru486, hanno tempi più lunghi e imprevedibili di espulsione del feto.

Certo, la donna resta libera di firmare le dimissioni volontarie come accade in ogni ricovero ma se esce rinuncia e interrompe il trattamento».

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