Roma

«Sì alle Olimpiadi a Roma, ma solo in nome dello sport»

È appena stato nominato membro del Consiglio di Amministrazione dei Mondiali di Nuoto 2009 di Roma, è il presidente di Alleanza Sportiva italiana – uno dei più importanti enti di promozione sportiva in Italia – e, soprattutto, è membro di Giunta del Coni, in altri termini, fa parte del governo dello sport nazionale, di tutti gli sport. Claudio Barbaro ha una posizione molto chiara sulla questione candidatura olimpica di Roma 2016: sì, evento importante, ma con molte precauzioni e cautele.
Precauzioni e cautele non sembra un po’ un voler tirare il freno?
«Non è che voglio tirare il freno ma certi entusiasmi, molto simili a quelli della precedente e pessima esperienza di Roma 2004, mi lasciano perplesso e diffidente».
Perché?
«Perché vedo che questa candidatura viene avanzata senza tener conto di molti problemi e diversi aspetti. Tanto per intenderci: fino a oggi vedo, al di là del roboante silenzio sul tema di questi ultimi giorni, un movimento che va a vantaggio, ammesso che di vantaggio si possa parlare, solo dei vertici dello sport, delle federazioni sportive. E non va verso una più capillare diffusione dello sport per tutti. In altri termini, sento parlare di questa candidatura ma vedo la città di Roma molto indietro rispetto alla necessaria preparazione in tema di impianti sportivi».
Ma nel convegno bipartisan che si è svolto l’altro giorno proprio per discutere di questa candidatura Enzo Foschi, consigliere regionale dei Ds, ha enumerato delle nuove realizzazioni fra le quali, ad esempio, il velodromo.
«Sì, è vero. Ma manca una preparazione adeguata per la diffusione degli impianti sportivi per tutti. Insomma, gli eventi sportivi possono essere, come le Olimpiadi del 1960, una grande occasione di sviluppo che lascia poi il segno non solo per gli atleti che salgono sul podio ma per tutti con al creazione di stadi o di impianti in cui tutti possono praticare sport. Oppure possono essere come i mondiali di Italia ’90 che ci hanno lasciato opere inutili, costosissime, cattedrali nel deserto di nessuna utilità non solo per chi fa sport ma per l’intera città. Il nodo è tutto qui. E quello che vedo, questi entusiasmi dei vertici che dimenticano la base, questa euforia dei palazzi del potere che non considerano il dopo ma vedono in maniera miope solo il loro personalissimo tornaconto di immagine, mi fa temere che si vada verso una candidatura sicuramente forte ma che può tradursi più in un’Italia ’90 bis che in una nuova meravigliosa festa che tutti possono condividere».
Quindi?
«Quindi quello che auspico, al di là dell’unità di intenti sia del mondo politico che dei vertici sportivi, è una grande attenzione verso il dopo, verso il trasformare questa candidatura e l’eventuale assegnazione dei giochi olimpici in una occasione non solo di vetrine personali, ma di sviluppo della città e dei suoi impianti sportivi che restino, il giorno dopo, nelle mani dei romani.

E per farlo è necessario che anche lo sport di base e chi lo rappresenta sia coinvolto nei processi decisionali».

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