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Saccheggi e violenze al G8 chiesti 225 anni di carcere

Genova, per le devastazioni del 2001 l’accusa vuole una "pena esemplare"

Saccheggi e violenze al G8 chiesti 225 anni di carcere

Genova - Duecentoventicinque anni di reclusione per 25 imputati. È la pesante richiesta dei pubblici ministeri Anna Canepa e Andrea Canciani nel processo a carico di devastatori e saccheggiatori per le violenze avvenute durante il G8 di Genova. Sino a qualche tempo fa erano chiamati no global, ma gli stessi pm li hanno ora definiti black bloc in una requisitoria circostanziata e documentata da video e foto, che hanno illustrato le varie situazioni da ogni angolatura. L’anarchica Marina Cugnaschi, 41 anni, di Lecco, per cui ieri è stata chiesta la pena più alta, 16 anni di carcere, appare in un video armata di bastone mentre infrange la vetrate del Credito Italiano, e in un altro mentre con il compagno di lotta Vincenzo Vecchi, bergamasco, si inserisce nel «blocco nero».
Tutto ciò serve a dimostrare in maniera lampante che Genova è stata devastata e saccheggiata dai no global-black bloc, e non dalle forze dell’ordine, messe sotto accusa e mandate sotto processo, mentre si sono trovate nella difficile situazione di dover fronteggiare la guerriglia urbana scatenata dall’orda di violenti. Mentre, lo dice anche il pm, i parlamentari e i rappresentanti della sinistra radicale, presenti nei cortei, stavano a guardare. Del resto Canciani è stato chiaro: «Le tute bianche non erano tutti pacifisti». E ancora, a dimostrazione che la città non è stata distrutta da poliziotti, carabinieri e finanzieri, ha esplicitamente detto che si è trattato di un’attività programmata, messa in atto da persone che hanno scelto deliberatamente di contrapporsi alle forze dell’ordine, che non si stavano difendendo, né erano in pericolo di vita: non è vero che c’è stata caccia all’uomo, da parte di polizia e carabinieri, su manifestanti inermi. Tutta la procura ha affiancato i due sostituti e in aula era presente anche il procuratore capo Francesco Lalla.
Finalmente, dopo sei anni di indagini e di dibattimento, sta per concludersi il più importante processo per i fatti del G8 del luglio 2001, che sta più a cuore ai genovesi da tempo in attesa di una giusta condanna per coloro che hanno messo a ferro e fuoco la città, causando consistenti danni materiali e all’immagine, mentre le forze dell’ordine tentavano d’arginare l’assalto dei violenti.
Il verdetto del tribunale non ha ottenuto il gradimento della senatrice Haidi Giuliani, madre di Carlo, ucciso in piazza Alimonda il 20 luglio, nel momento in cui si apprestava a lanciare un estintore contro la camionetta dove si trovavano tre carabinieri, mentre una quarantina di manifestanti lanciavano pietre. Tra questi, l’amico Massimiliano Monai (per lui i pm hanno chiesto 9 anni), che colpì con una trave la camionetta. La parlamentare del Prc, presente a quasi tutte le udienze prima di sedere a palazzo Madama, ha detto: «Se chi si difende da violenze ingiustificate, o ruba un prosciutto merita 225 anni di carcere, quanti ne dovrebbe pretendere chi ha rotto teste, denti, costole, chi ha torturato e ucciso? Queste richieste di condanna non tengono minimamente conto del contesto in cui sono avvenuti i fatti che si attribuiscono a 25 capri espiatori».
La pensa diversamente la parlamentare di Forza Italia Isabella Bertolini, che definisce «giuste e sacrosante» le richieste della procura, da 16 a 6 anni.

Il pm Canciani ha concluso chiedendo al tribunale l’applicazione di pene «esemplari» per i devastatori, «per evitare che si ripeta un altro G8».

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