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Sakineh, un processo che dura da quattro anni

La donna ha già scontato nel 2004 una condanna a 99 frustate per adulterio. Solo nel 2010 il caso è arrivato all'attenzione dell'opinione pubblica internazionale

Sakineh, un processo che dura da quattro anni

Teheran - Sakineh Mohammadi Ashtiani ha 43 anni e due figli, un maschio e una femmina, adolescenti. Iraniana di etnia azera, è stata condannata a maggio del 2006 da un tribunale di Tabriz, nel nord del paese, a 99 frustate per adulterio, secondo una norma modellata sulla legge islamica, la sharia. Durante il processo, Sakineh ha confessato infatti di aver avuto relazioni illecite con due uomini. Dopo aver scontato la pena alla presenza del figlio 17enne, la donna ha detto di aver commesso il reato sotto tortura. Nel settembre dello stesso anno, però, un altro tribunale, processa i suoi due presunti amanti per l’omicidio del marito e la condanna a morte per lapidazione come complice nel delitto e per adulterio quando il consorte era ancora vivo. La sentenza viene confermata nel 2007 dalla Corte suprema iraniana.

L'appello dei figli dopo quattro anni Ma è solo nel giugno del 2010, quando i figli lanciano un appello per salvarla dall'esecuzione, che il caso arriva all’attenzione della comunità internazionale. Parte così una mobilitazione internazionale a favore di Sakineh, che coinvolge, tra gli altri, i governi francese e italiano, il presidente brasiliano Lula e la premiere dame di Francia Carla Bruni. Un giornale iraniano per questo definisce la Bruni una "prostituta" che "merita la morte", ma lo stesso presidente Ahmadinejad condanna l’attacco.

Governi e opinione pubblica internazionale contro la lapidazione Striscioni con il volto di Sakineh vengono esposti sulle facciate di numerosi enti locali in Italia. Uno degli avvocati della donna, Mohammad Mostafai, attivista per i diritti umani, fugge all’estero per evitare un mandato di arresto. A luglio le autorità di Teheran fanno sapere che l’esecuzione è stata sospesa e che nessuna decisione definitiva è stata ancora presa su Sakineh. Il 12 agosto la tv di stato iraniana mostra la donna che confessa l’adulterio e la complicità nell’omicidio del marito. Il figlio Sajad e il suo avvocato Houtan Kian dicono che la confessione le è stata estorta con la tortura e che tutti i giorni alla donna viene detto che verrà giustiziata l’indomani.

Un processo ancora aperto L’8 settembre il ministero degli Esteri di Tehran ribadisce che la lapidazione è sospesa e che il caso viene riesaminato. Oggi il procuratore generale iraniano, Gholamhossein Mohseni-Ejei, ha detto che la donna sarà condannata all'impiccagione, sanzione prevista per l'omicidio, perchè questo reato prevale su quella per adulterio. Ma il portavoce del ministero degli Esteri ha smentito il magistrato, affermando che il processo non è ancora finito, anche se, secondo il figlio di Sakineh, "le autorità intendono annunciare ufficialmente la condanna a morte di mia madre fra due settimane".

Il ragazzo ha aggiunto che l’avvocato della donna, Javid Hutan Kian, si recherà sabato da Tabriz a Teheran per colloqui con le autorità giudiziarie centrali, nel tentativo di fermare o modificare il verdetto.

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