Salute

Il cervello umano generatore di neuroni a 90 anni

Il cervello umano è in grado di generare nuovi neuroni anche in età avanzata. Lo conferma uno studio accurato del Centro di Biologia Molecolare di “Severo Ochoa" di Madrid. Questo studio apre nuovi scenari di ricerca sulle malattie neurodegenerative

Il cervello umano generatore di neuroni a 90 anni

Il cervello umano si rinnova continuamente, anche in età avanzata.

Il cervello umano produce nuovi neuroni anche a 90 anni. A confermarlo è uno studio accurato di neuroscienze, pubblicato sulla rivista Nature Medecine, condotto dai ricercatori del Centro di Biologia Molecolare “Severo Ochoa” di Madrid.

Lo studio si è basato sulle analisi effettuate sui campioni prelevati da 58 persone. Esse hanno dimostrato la presenza di migliaia di nuove cellule nervose in via di maturazione in una particolare “centralina” della memoria denominata l'ippocampo.

Questa capacità rigenerativa è purtroppo ridotta nei malati di Alzheimer o in chi soffre di demenza senile. Questi risultati hanno riacceso un lungo dibattito iniziato nel 1998. All’epoca alcuni ricercatori californiani del Salk Institute, annunciarono per la prima volta la formazione di nuovi neuroni nel cervello adulto. Fino ad allora questa preziosa capacità era stata solo osservata su roditori e primati. Per la prima volta ci si rendeva conto che era presente anche nell’uomo.

Dal 1986 ad oggi, si sono susseguiti molti studi contrastanti, fino a quando si è giunti ad una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Nature nel marzo 2018. Il gruppo coordinato da Alvarez-Buylla dell’Università della California sembrava smentire la possibilità di rigenerazione dei neuroni nel cervello degli adulti. A riaccendere le speranze su questa scoperta è stato lo studio pubblicato sulla rivista Cell Stern Cell in cui si afferma che il cervello non invecchia e continua a generare neuroni anche durante la terza età.

La neurogenesi o "formazione di nuovi neuroni” in età adulta, è considerata dal mondo accademico una grande svolta.

La notizia, infatti, apre nuovi e preziosi scenari di ricerca sulla diagnosi delle malattie neurodegenerative come il morbo di Alzhiemer e sulla possibilità di sviluppare tecniche che consentono di potenziare e stimolare la memoria e di altri processi cognitivi.

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