Salute

I colpi di sonno al volante? Per l'Italia non esiste «criticità»

L'esperta: «Occasione mancata per ridurre incidenti e vittime»

Antonio RisoloSi chiama «Obstructive Sleep Apnea Syndrome» o più semplicemente «Osas», termine tecnico per indicare la diffusissima patologia delle apnee notturne di chi si trova alla guida di una vettura. Un problema socio-sanitario che ogni anno causa più di 17mila incidenti stradali con oltre 250 morti, 12mila feriti e danni per 1,5 miliardi di euro. Detto questo cerchiamo di capire, con l'aiuto di Maria Grazia del Medico, presidente della Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus, che cosa accade realmente in Italia: «Un'occasione mancata - dice del Medico - anzi, per i conducenti che soffrono di apnee notturne è chiaro il rischio di indurli a non dichiarare la sindrome per non perdere patente e posto di lavoro. Il recepimento da parte del governo italiano della direttiva europea 2014/85/Ue concernente la patente di guida, con un decreto ministeriale come formulato lascia irrisolte rilevanti e consolidate perplessità sull'attuazione dal punto di vista sanitario di un provvedimento così impegnativo, con il rischio di neutralizzare la prevenzione del colpi di sonno al volante». Più che un giudizio è un monito quello della dottoressa del Medico.«Il decreto ministeriale (Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2016) mette in evidenza alcune significative criticità - aggiunge -; ciò che in altri Paesi, non solo europei, è attuato già da molti anni, in Italia è ancora lontano dall'essere realizzato a causa di una cronica sproporzione tra le improrogabili necessità di affrontare l'Osas e le strutture sanitarie preposte. Questo potrebbe provocare nei conducenti professionali (autotrasportatori, guidatori di taxi, bus e auto a noleggio) e nei privati che usano l'auto per lavoro, timori piuttosto fondati sulla possibilità di perdere il posto di lavoro, e anche la patente, qualora si accertasse questa patologia che, in realtà, è facilmente diagnosticabile e curabile.

In Italia la maggior parte di chi soffre di Osas ignora questa patologia o, pur essendone informato, non ha gli strumenti conoscitivi per comprendere la gravità dei sintomi».

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