Salute

L'Onu salva i cibi italiani: niente etichette e tasse sui prodotti mediterranei

Una risoluzione avrebbe potuto definire "nocivi" i prodotti più tipici del "made in Italy". Alla fine passa la linea italiana: le diete possono essere insalubri, non i singoli i cibi

L'Onu salva i cibi italiani: niente etichette e tasse sui prodotti mediterranei

Parmigiano, prosciutto, olio, ma anche dolci e vini italiani: scampato pericolo. L'Onu ha deciso di non penalizzare i cibi così detti "nocivi" con etichette ad hoc e una maggiore tassazione. Nocivi nel senso che un loro consumo eccessivo potrebbe portare a una nutrizione non equilibrata. Ma alla fine il Palazzo di vetro ha deciso che non esistono cibi di per sé "insalubri", ma piuttosto diete mal calibrate e dannose per la salute.

L'allarme era scattato quando era iniziata la discussione su una risoluzione che faceva appello agli Stati membri a promuovere "diete e stili di vita sani, inclusa attività fisica, attraverso azioni e politiche per porre in atto tutti gli impegni legati alla nutrizione, compresi quelli assunti dai capi di Stato e di governo nei vertici sulle malattie non trasmissibili e dall'Oms". Nella prima versione del testo, infatti, si proponeva di di adottare etichette a fronte-pacco e maggiore tassazione per dissuadere dal consumo di alcuni prodotti. E molti prodotti della dieta mediterranea sarebbero stati a rischio. In pratica sulla forma di grana o sulla bottiglia di olio avremmo potuto trovare un bollino con scritto: "Cibo insalubre". Non proprio un bel biglietto da visita.

Con la versione definitiva della risoluzione, approvata ieri con 157 voti a favore, due contrari e un'astensione, la formulazione viene cambiata facendo leva appunto sulle diete complessivamente non salutari. Il lavoro della delegazione italiana all'Onu è stato decisivo per la modifica, e la Coldiretti esulta: "È stata sventata una pericolosa deriva internazionale per mettere sul banco degli imputati i principali prodotti del Made in Italy a causa del loro contenuto in sale, zucchero e grassi, anche con l'apposizione di allarmi sulle confezioni o l'introduzione di tasse per scoraggiarne i consumi". Secondo l'associazione dei coltivatori, il provvedimento avrebbe potuto "mettere alla gogna l'85% in valore del 'made in Italy' a denominazione di origine (Dop)

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