Politica

Sansonetti, Padellaro e travaglini Quanti avvoltoi in volo sull’«Unità»

Sansonetti, Padellaro e travaglini Quanti avvoltoi in volo sull’«Unità»

Il Fatto è che adesso - scusate il gioco di parole - c’è L’altro. O meglio: gli «altri». Perché, a contemplare con attenzione interessata la fibrillazione de L’Unità, ci sono almeno due nascenti quotidiani, entrambi di sinistra, entrambi pronti a intercettare una possibile diaspora di lettori, se Concita De Gregorio non ce la dovesse fare a fronteggiare la fuga di capitali di Renato Soru. Ai due nascituri concorrenti, volendo, se ne aggiunge anche un terzo, l’organo del Sole che ride, Notizie verdi, che il partito di Grazia Francescato e l’editore Luca Bonaccorsi vorrebbero trasformare in un altro quotidiano, sotto una nuova testata di sapore ugualmente ambientalista, Terra o Live (la decisione non è ancora definitiva). Due o tre quotidiani concorrenti, che si aggiungono ad un’area di potenziali acquirenti in cui già oggi pescano ben cinque testate: oltre a l’Unità, Il manifesto, Liberazione, Il Riformista, e addirittura Europa, che può contare sulla coppia di direzione Stefano Menichini-Chiara Geloni e che con i nuovi equilibri nel Pd acquista quotazioni per la maggiore contiguità politica all’area Franceschini (la Geloni è da sempre una Franceschini-girl).
L’argenteria di Travaglio. In questo rimescolamento generale di carte, grande è il disordine sotto le rotative. Sicuramente, quando arrivasse alla luce il quotidiano di Padellaro, si aprirebbe un’asta sul nome più ambito del giornale del Pd, quel Marco Travaglio che oggi firma la rubrica quotidiana più importante. Ma che era anche la firma prediletta dell’ex direttore. L’interessato oggi non si tira indietro, dice che non ha ricevuto notifiche, ma non lesina giudizi al vetriolo sull’attuale stato di crisi. Ecco un piccolo saggio: «Primo: nessuno a l’Unità mi ha detto che la mia collaborazione è a rischio, l’ho letto su La Stampa, spero che non sia vero, ma la mia rubrica è ben poca cosa rispetto alla sorte di 200 persone che mi stanno ancora più a cuore». Secondo: «Non ho parlato con Padellaro. Gli auguro ogni successo, sono sempre contento quando nasce un nuovo quotidiano, ma allo stato attuale, soprattutto per quel che mi riguarda, non ho nulla da... dichiarare». Su Soru Travaglio non risparmia critiche: «Ho scritto su l’Unità, ben prima di tutto questo, che la sua soluzione al conflitto di interessi non mi convinceva. Posso aggiungere che non capisco come si possa scaricare sui giornalisti o sul direttore la responsabilità di quello che sta accadendo». Stoccata: «Soru questa estate sembrava aver scoperto la pietra filosofale, oggi, dopo aver sprecato un paio di milioni di euro con criteri che ha scelto lui, alza bandiera bianca in modo inglorioso». Terzo affondo: «Il signor Soru aveva detto che voleva salvare il giornale, adesso mi pare concretizzarsi il sospetto che volesse usarlo per rafforzarsi nella guerra per bande del Pd in Sardegna». Conclusione: «La guerra interna è stata sospesa, ma poi Soru è stato impallinato nelle urne, come era già successo in Abruzzo, e bene ha scritto la De Gregorio. Peccato che lo scrivesse sul giornale di Soru. Ma era tutto vero».
Il giornale di Padellaro. Resta il fatto che del quotidiano a cui sta lavorando Padellaro si parla da questa estate, con un progetto che l’ex direttore de l’Unità commissionò - non a caso - all’ex amministratore de l’Unità, Giorgio Poidomani. Che all’epoca era ancora a l’Unità, e che a dicembre è stato licenziato da Soru. Ora la coppia torna in campo con l’idea di recuperare un ampio parco di firme: non solo Travaglio quindi, ma anche tanti (da Oliviero Beha a Fulvio Abbate) che la De Gregorio aveva congedato. I veleni, dunque, sono tanti, e sono nell’aria. E se i sostenitori della De Gregorio ricordano gli ottimi contratti pubblicitari che la direttora ha stretto in questi giorni in Toscana e con alcune grandi aziende, il Cdr ieri ha attaccato Dagospia, che aveva reso noto il budget degli stipendi degli assunti della nuova gestione: «È intollerabile che alcuni colleghi siano stati messi alla gogna con tanto di nomi e cognomi. Cifre estrapolate a caso e strumentalmente che non hanno nulla a che vedere con la lotta sindacale che il Cdr ha intrapreso nell’ottica della salvaguardia della vita e del futuro de l'Unità». E ancora: «Si continua nella pratica di veleni e allusioni che ha già colpito in passato direzioni e colleghi». Eppure, l’informatissimo Dagospia, ieri dava notizia anche di un avvicendamento imminente a Il manifesto, dove si apre un duello fra la coppia Norma Rangeri-Marco Bascetta e quella Roberto Tesi-Tommaso Di Francesco. Sicuramente la possibile rinascita de Il manifesto deve vedersela con la discesa in campo di Sansonetti, che con il suo L’Altro ha un pedigree antagonista, trasgressivo, comunista e libertario. Dietro questi rimescolamenti si intravedono già diverse opzioni politiche. Il che fa pensare che gli ancoraggi di mercato più solidi, per le nuove creature, siano quello della sinistra di Fava e Vendola (per Sansonetti) e di Di Pietro (per Padellaro). È la stampa, bellezza.

Ma è anche la politica.

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