Cultura e Spettacoli

Saviano ora scopre gli imprenditori eroi

Il debutto con Fazio su La7. Per una volta i padroni non sono descritti come contigui alla corruzione

Sono ricominciate le lezioni della premiata ditta Fazio & Saviano. Stavolta la mission è cambiata. Il Cav è già stato disarcionato. Adesso lo scopo dichiarato è restituire autenticità alle parole, nientemeno. Addestrarle a «creare empatia», Saviano dixit. E dunque il compito si presenta irto d’insidie, a rischio verbosità, soprattutto se si scelgono parole grosse, toste, impegnative («terra» dell’immancabile Carlo Petrini, collegato dalla sede Onu, «impossibile» di Ermanno Rea, «sempre» dell’applauditissimo Pupi Avati).

Si viene dagli ascolti record dell’autunno 2010 (punte del 31 per cento su Raitre) e si ricomincia in uno scenario diverso in tv e fuori dalla tv. Siamo su La7, per la prima di tre serate dalle Officine di riparazione dei treni di Torino («una specie di occupyLa7»), luogo evocativo di un passato industriale, della locomotiva del progresso. Prevedibilmente, a conclusione di una giornata martellante nel promuovere «l’evento», anche Mentana ha offerto il trampolino alla premiata ditta, collegata da Torino: «Roberto, vuoi rispondere alla critica preventiva che stamattina ti ha fatto Giuliano Ferrara sul Foglio». «Preferisco di no», replica sdegnoso Saviano, «perché non ho stima. Perciò quando lui mi attacca io sono contento e mi convinco ancor di più di essere nel giusto». La superbia è socia della maleducazione.

Per prendere la crisi per le corna e parlare dei suicidi degli imprenditori, stritolati dalle tasse, Saviano cita John Lennon e Piero Calamandrei. Parla degli imprenditori eroi. Ed è una novità per l’autore di Gomorra che ha sempre considerato i padroni contigui al sistema della corruzione. «Il lavoro non è più associato alla vita, ma al suo contrario. È associato al suicidio, per debiti, per disperazione, per mancanza di lavoro... Oggi i suicidi riguardano soprattutto gli imprenditori che, quando lo fanno, lo fanno nella loro azienda, quando gli operai sono andati via e si sono spente le luci. È qualcosa più di un fatto simbolico. Però se fosse possibile convincere il governo ad aprire uno sportello per rispondere a questo dramma sarebbe già un passo avanti. Il ritardo con cui lo Stato paga i crediti alle imprese finisce per strozzarle. Le imprese che soffrono di più sono quelle che hanno pagato le tasse e i propri dipendenti». Poi ci sono le finanziarie di recupero crediti che spesso applicano interessi usurai e sono collegate con la criminalità. Si torna nell’alveo prediletto dello scrittore napoletano. Che poi tornerà con un secondo, drammatico, monologo sulla strage di Beslan.

Per il resto le lezioni della premiata ditta sono farcite di attori, comici, volontari sociali, cantanti, citazioni di artisti e presidenti americani, reading di opinionisti. Fabrizio De Andrè fa da colonna sonora, «Quello che non ho è una camicia bianca/ quello che non ho è un segreto in banca». Lila Azam Zangaeh, giornalista iraniana, ha scelto la parola «bacio» perché in Iran è un atto proibito, un reato. Pierfrancesco Favino ha dedicato il primo dei suoi interventi a una bambina «che tra poche ore verrai al mondo», elencando una serie di vocaboli che, messe in ordine, danno la parola «vita». Come contraltare, Fazio ha elencato le parole da cancellare, con allusioni in verità poco implicite, a cominciare da «burlesque». Con Littizzetto si torna a Che tempo che fa e alle digressioni sul pene e le tette. Non mancano Paolo Rossi («finanza»), Maurizio Landini della Fiom («freddo») e un lungo reading Lerner-Travaglio su politica e antipolitica.

Alla ricerca dell’evento si rischia d’inciampare nel pericolo di recitare troppo da maestri.

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