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Scarcerato Soria: «È stata dura ora voglio una riabilitazione»

Il suo sguardo non era più prevaricatore, ma gentile

Scarcerato Soria: «È stata dura ora voglio una riabilitazione»

TorinoPer anni è stato un uomo di potere, tronfio sul suo trono da imperatore. Oggi Giuliano Soria è soltanto un uomo, con il viso scavato e più nessuna tintura a colorare di scuro una chioma ormai grigia e rada. L'ex patron del Premio Grinzane Cavour ha lasciato il carcere delle Vallette, dove era detenuto dal 12 marzo, giorno in cui la Finanza bussò alla porta del suo attico torinese di 500 metri quadrati in via Montebello con affaccio sulla Mole, e lo portò via con le manette ai polsi. L’accusa: violenza sessuale nei confronti di un suo ex collaboratore extracomunitario e malversazione, per aver usato per puro interesse personale milioni di euro pubblici stanziati a favore dell'Associazione Grinzane Cavour. Ieri è uscito per decorrenza dei termini dopo tre mesi, ma non potrà lasciare Torino e ogni mattina dovrà presentarsi al commissariato di via Verdi e apporre la sua firma, quella stessa firma che per anni avrebbe usato per girare a suo favore i soldi del Premio.
Nel suo primo giorno da uomo libero, ma non salvo, Giuliano Soria ha fatto di tutto per non incontrare giornalisti e fotografi che già dalle cinque del mattino lo attendevano fuori dal carcere delle Vallette, forse per paura di mostrare un segno di cedimento. E forse proprio per esorcizzare quella paura ha poi scelto, a metà mattinata, di affacciarsi al balcone e guardare in faccia i fotografi che lo attendevano sotto casa, e lanciare loro quello sguardo sprezzante di chi è stato piegato ma non spezzato. Di chi sa che può ancora fare paura a uomini che stanno assaporando quel potere che lui invece sapeva gestire. Ad attenderlo a casa, soltanto l’anziana madre, che da sempre divide con lui l’appartamento di Torino.
Alle otto del mattino un furgone bianco a noleggio è uscito da un ingresso secondario del carcere, a bordo oltre a Soria e all'autista c'erano due donne. Lo hanno accompagnato fino a casa in via Montebello, nella sua «torre d'avorio». Già la sera prima aveva preparato il rientro, ben sapendo che non sarebbe stato in sordina. Aveva chiamato il portiere Pietro e con lui si era accordato perché nessun ingresso dello stabile fosse lasciato aperto, così che alcuno potesse intrufolarsi e coglierlo di sorpresa mentre raggiungeva casa. Quando è arrivato davanti al lussuoso portone, l'unico sguardo è stato per Pietro, che ha abbracciato. «Grazie. È stata dura. È stata davvero dura», gli ha detto Soria con voce rotta, con un groppo in gola che non doveva trovare sfogo. Come ha confidato al suo avvocato, ora si aspetta una riabilitazione pubblica.
«Oggi ho incontrato un Soria diverso - ha poi detto il portiere ai giornalisti -. Il suo sguardo prevaricatore ha lasciato spazio a uno sguardo gentile, umano». Miracoli della detenzione che risveglia anche nei cuori più duri la paura della solitudine e dell'abbandono. E non c'è dubbio sul fatto che oggi Soria sia un uomo solo: tutti gli hanno voltato le spalle, politici e scrittori, uomini dello spettacolo e collaboratori. A casa è arrivato intorno alle 8 e mezz'ora dopo da un supermercato della zona è giunto un garzone con un carrello della spesa da consegnare a casa Soria. Dalle buste bianco latte e trasparenti si intravedeva verdura, carne dolcetti e brioches per addolcire un soggiorno blindato. Il coup de théâtre alle 10, quando Soria si è affacciato al balcone, lasciando che i fotografi si guadagnassero il loro pane quotidiano, immortalandolo da uomo libero, dimagrito e invecchiato. Per pochi minuti Soria è tornato a essere imperatore in pubblico.
Però nessuna parola, nessuna intervista. È presto per affidare ai posteri «le sue prigioni» e magari togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Il suo cellulare ha squillato a vuoto per quasi tutta la giornata, sporadicamente ha risposto una donna, con il chiaro compito di fare da filtro. Le poche dichiarazioni le ha rilasciate il suo avvocato, Roberto Piacentino: «Giuliano Soria è in ottime condizioni fisiche e vuole solo stare un po’ tranquillo. È consapevole del momento che sta vivendo - ha aggiunto Piacentino, sottolineando che Giuliano ha avuto un pensiero anche per il fratello Angelo ancora in carcere - e che soprattutto non c’é più il Premio Grinzane. Non so quale sarà il suo futuro. L'unica cosa certa è che lui è un professore ordinario di ruolo. Si vedrà». Sul fronte giudiziario, il legale ha ribadito che le indagini sono in corso e «si aspetta la chiusura». «Una volta chiuse - ha spiegato - decideremo le nostre azioni. Il processo è tutto da fare». Il professore, tra l'altro, non è sceso neanche un istante nella sede dall'associazione, dove due sue collaboratrici lavorano insieme con il liquidatore nominato dal giudice che adesso ha in mano le sorti del Premio. «Lo avremmo abbracciato volentieri - hanno detto Francesca Martucci e Nadia Viscardi, ex dipendenti di Soria -. Con noi si è sempre comportato bene. Ed è stato difficile in questi mesi continuare a pensare a Soria così come noi lo abbiamo conosciuto, invece che come è stato dipinto».


L'assedio mediatico sotto casa Soria è durato tutto il giorno e continuerà anche oggi: questa mattina il professore dovrà lasciare la sua torre d'avorio per raggiungere il commissariato.

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